L’ho già scritto, ma mi ripeto: ho sempre provato un po' di invidia per chi cavalca la stessa moto da anni, da decenni, indifferente alle mode ed alle tecnologie, come fosse la fedele compagna di un collaudato matrimonio d’amore. Una specie di alter ego subito riconoscibile, ed un modo romantico di godersi le due ruote. Ma devo ammetterlo con me stesso, io non sono così. Perché io desidero tutte le moto, o almeno ne desidero molte. Desidero quelle appena uscite, e quelle che vengono annunciate, mi piacciono le moto classiche, le moto da viaggio, le enduro, le scrambler… Ne vorrei in garage almeno una mezza dozzina. Quando incontro una bella moto, mi fermo ad osservarla, a studiarla, ad ammirarla. A volte le accarezzo persino il serbatoio con una mano guantata sul serbatoio.
Non è una questione di possesso, anzi! Non sento il bisogno di possedere una moto, ma di guidarla. Potendo, ne noleggerei una diversa ogni sei mesi. O ne guiderei una diversa ad ogni viaggio. Perché ogni moto ha una sua personalità, un suo fascino, le proprie curve. Una voce. Un modo suo di affrontare la strada.
Vorrei portare una Africa Twin in Marocco, una V85 nel sud d’Italia, una BMW sul Grossglockner, una Ducati sulle Grandes Alpes.
Ho scritto delle moto che ho avuto e di quelle che ho rimpianto. A volte penso alle moto che non ho avuto. Quando a 14 anni ebbi il leggendario Dingo giallo, ma avrei voluto piuttosto un Gilerino Trial beige. Quando ebbi una bellissima ma impossibilmente ruvida Husqvarna dal fianchetti cromati, e avrei desiderato una Zundapp GS. Ripenso alla mia storia recente: Moto Guzzi Breva > Moto Guzzi Stelvio > Triumph Bonneville > BMW R1200 R > Triumph Scrambler, e mi chiedo, se avessi invece acquistato nell’ordine Bonneville > Scrambler > Honda CB 1100 Four (un rimpianto che mi porto dentro dagli anni settanta) > R 1200 R Black?
Qualche hanno fa avevo pensato al boxer R come ad un punto di arrivo, ma inaspettatamente ne ero rimasto deluso da tre difetti: 1) un boxer che moriva sotto i 2000 giri (privandomi del piacere di trotterellare mentre il motore fa le fusa), 2) un rumore troppo educato e automobilistico, 3) il telelever che toglie un po’ del piacere di sentire la ruota anteriore.
Così alla fine l’ho venduto per fare mio un altro grande rimpianto del passato, la leggendaria Scrambler classica di Steve McQueen. Che ho portato tanto sul percorso dell’Eroica in Toscana, che fra le curve e le vette della Route des Grandes Alpes. Una moto splendida, ma non esattamente da gran turismo, meno che mai con un passeggero. E poi Triumph è riuscita nella missione impossibile di realizzarne un nuovo modello persino più bella, con la Scrambler 1200 di quest’anno.
Ma non a buon mercato e forse un tantino grossa e pesante (ne scriverò dopo averla provata).
E allora sono qui che smanio al pensiero di entrare ancora una volta in concessionaria…
In un mondo perfetto non mi priverei della mia scrambler bianca e rossa, ma in questo mondo crudele tutti abbiamo bisogno di banconote per andare avanti.
Mi domando dunque quale moto del mercato farebbe al caso mio. Se sei un classic biker in giacca di pelle, non più giovane, amante del turismo a largo raggio con passeggero in sella, la scelta punta alla roadster, la BMW R1200 R, ora che i difetti citati sono stati corretti. È un investimento in termini economici, ma si avvicina per quanto possibile all’araba fenice della moto totale e della moto definitiva, la “moglie” di cui sopra. Peccato che l'R 1250 MY 2019 sia bruttino, impresentabile nei colori e un po’ pasticciato nella linea. C’è da aspettarsi seriamente che BMW abbia sul tavolo da disegno un modello davvero nuovo per il motore da 1250 cc (per altro forse inutilmente potente).
Sarebbe una saggia idea cercare fra l’usatio una Black Edition, il modello nero del 2017, abbellito dalla filettatura bianca, e con le valige di serie. Si spende meno e si ha di più; e si sa, il boxer esce di rodaggio ai trentamila chilometri.
Ma ecco Guzzi che fa? Se ne esce con un enduro di media cilindrata davvero irresistibile, la V85 TT, tutto terreno. Una linea intrigante da Dakar delle origini, una colorazione bianca e gialla che prende l’occhio, un prezzo allettante; comoda, con un motore morbido e potente il giusto. Praticamente la versione 2 ruote della mia Jeep Renegade: perfetta per girare il mondo in confort. Ho già posseduto tre Guzzi e non pensavo di desiderarne un’altra, ma evidentemente mai dire mai.
Che altro mi offre il mercato? La bellissima Moto Morini Milano rosso e nera, che richiama in meglio la leggendaria 3 ½. Un prodotto artigianale, un gran motore, una linea da design italiano dei tempi belli. Sempre che riescano a farla uscire davvero. Ma è una monoposto, e non prevede le valige. Ce ne vorrebbe una versione “Strada” con la sella lunga ed il bagaglio.
La sua variante inglese è la Triumph Speed Twin, anch’essa rosso e nera. Una moto brillante ed effervescente, un ponte fra classic bike e tecnica ingegneristica. Ma anche qui, Triumph non ha nemmeno previsto le valige. Una moto da bar da 1200 cc? No grazie, ho già dato.
E allora perché non tornare sui propri passi e togliersi il rimpianto della Honda Four, che coltivo dai lontanissimi tempi in cui ragazzo sbirciavo in vetrina la 400 SuperSport? Non ne hanno vendute molte di CB 1100 (Honda Italia non ci ha mai creduto troppo), ma non sarebbe impossibile mettere le mani su un usato. Ma diciamocelo, è un po’ troppo grossa, un po’ troppo pesante. Non avrebbero dovuto tradire la cilindrata di 750 cc.
In Moto Guzzi ho anche inforcato una versione grezza della V7: la Rough, con il serbatoio grigio, scarichi neri e gomme (moderatamente) tassellate. Moto maschia di gran fascino, ma debole di motore. Ecco, se in Guzzi ne prevedono una versione con il nuovo V85 da 80 CV, beh, forse potrebbe essere il compromesso perfetto. La BMW che non c’è e di design italiano. Riusciamo ad attendere il Salone di Novembre?
leggi anche:
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La Route des Grandes Alpes
Non è una questione di possesso, anzi! Non sento il bisogno di possedere una moto, ma di guidarla. Potendo, ne noleggerei una diversa ogni sei mesi. O ne guiderei una diversa ad ogni viaggio. Perché ogni moto ha una sua personalità, un suo fascino, le proprie curve. Una voce. Un modo suo di affrontare la strada.
Vorrei portare una Africa Twin in Marocco, una V85 nel sud d’Italia, una BMW sul Grossglockner, una Ducati sulle Grandes Alpes.
Ho scritto delle moto che ho avuto e di quelle che ho rimpianto. A volte penso alle moto che non ho avuto. Quando a 14 anni ebbi il leggendario Dingo giallo, ma avrei voluto piuttosto un Gilerino Trial beige. Quando ebbi una bellissima ma impossibilmente ruvida Husqvarna dal fianchetti cromati, e avrei desiderato una Zundapp GS. Ripenso alla mia storia recente: Moto Guzzi Breva > Moto Guzzi Stelvio > Triumph Bonneville > BMW R1200 R > Triumph Scrambler, e mi chiedo, se avessi invece acquistato nell’ordine Bonneville > Scrambler > Honda CB 1100 Four (un rimpianto che mi porto dentro dagli anni settanta) > R 1200 R Black?
Qualche hanno fa avevo pensato al boxer R come ad un punto di arrivo, ma inaspettatamente ne ero rimasto deluso da tre difetti: 1) un boxer che moriva sotto i 2000 giri (privandomi del piacere di trotterellare mentre il motore fa le fusa), 2) un rumore troppo educato e automobilistico, 3) il telelever che toglie un po’ del piacere di sentire la ruota anteriore.
Così alla fine l’ho venduto per fare mio un altro grande rimpianto del passato, la leggendaria Scrambler classica di Steve McQueen. Che ho portato tanto sul percorso dell’Eroica in Toscana, che fra le curve e le vette della Route des Grandes Alpes. Una moto splendida, ma non esattamente da gran turismo, meno che mai con un passeggero. E poi Triumph è riuscita nella missione impossibile di realizzarne un nuovo modello persino più bella, con la Scrambler 1200 di quest’anno.
Ma non a buon mercato e forse un tantino grossa e pesante (ne scriverò dopo averla provata).
E allora sono qui che smanio al pensiero di entrare ancora una volta in concessionaria…
In un mondo perfetto non mi priverei della mia scrambler bianca e rossa, ma in questo mondo crudele tutti abbiamo bisogno di banconote per andare avanti.
Mi domando dunque quale moto del mercato farebbe al caso mio. Se sei un classic biker in giacca di pelle, non più giovane, amante del turismo a largo raggio con passeggero in sella, la scelta punta alla roadster, la BMW R1200 R, ora che i difetti citati sono stati corretti. È un investimento in termini economici, ma si avvicina per quanto possibile all’araba fenice della moto totale e della moto definitiva, la “moglie” di cui sopra. Peccato che l'R 1250 MY 2019 sia bruttino, impresentabile nei colori e un po’ pasticciato nella linea. C’è da aspettarsi seriamente che BMW abbia sul tavolo da disegno un modello davvero nuovo per il motore da 1250 cc (per altro forse inutilmente potente).
Sarebbe una saggia idea cercare fra l’usatio una Black Edition, il modello nero del 2017, abbellito dalla filettatura bianca, e con le valige di serie. Si spende meno e si ha di più; e si sa, il boxer esce di rodaggio ai trentamila chilometri.
Ma ecco Guzzi che fa? Se ne esce con un enduro di media cilindrata davvero irresistibile, la V85 TT, tutto terreno. Una linea intrigante da Dakar delle origini, una colorazione bianca e gialla che prende l’occhio, un prezzo allettante; comoda, con un motore morbido e potente il giusto. Praticamente la versione 2 ruote della mia Jeep Renegade: perfetta per girare il mondo in confort. Ho già posseduto tre Guzzi e non pensavo di desiderarne un’altra, ma evidentemente mai dire mai.
Che altro mi offre il mercato? La bellissima Moto Morini Milano rosso e nera, che richiama in meglio la leggendaria 3 ½. Un prodotto artigianale, un gran motore, una linea da design italiano dei tempi belli. Sempre che riescano a farla uscire davvero. Ma è una monoposto, e non prevede le valige. Ce ne vorrebbe una versione “Strada” con la sella lunga ed il bagaglio.
La sua variante inglese è la Triumph Speed Twin, anch’essa rosso e nera. Una moto brillante ed effervescente, un ponte fra classic bike e tecnica ingegneristica. Ma anche qui, Triumph non ha nemmeno previsto le valige. Una moto da bar da 1200 cc? No grazie, ho già dato.
E allora perché non tornare sui propri passi e togliersi il rimpianto della Honda Four, che coltivo dai lontanissimi tempi in cui ragazzo sbirciavo in vetrina la 400 SuperSport? Non ne hanno vendute molte di CB 1100 (Honda Italia non ci ha mai creduto troppo), ma non sarebbe impossibile mettere le mani su un usato. Ma diciamocelo, è un po’ troppo grossa, un po’ troppo pesante. Non avrebbero dovuto tradire la cilindrata di 750 cc.
In Moto Guzzi ho anche inforcato una versione grezza della V7: la Rough, con il serbatoio grigio, scarichi neri e gomme (moderatamente) tassellate. Moto maschia di gran fascino, ma debole di motore. Ecco, se in Guzzi ne prevedono una versione con il nuovo V85 da 80 CV, beh, forse potrebbe essere il compromesso perfetto. La BMW che non c’è e di design italiano. Riusciamo ad attendere il Salone di Novembre?
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