My 2021

 


MY 2021 significa Model Year 2021, vale a dire il modello del duemilaventuno. Ma può significare anche: “la mia moto del 2021”. 

Eccomi dunque ad accogliere una volta di più una nuova moto nella mia vita. Come motociclista sono preso costantemente da due desideri uguali e contrari: (1) sono sempre in cerca di una moto definitiva, una moto perfetta, una moto moglie con cui invecchiare in complicità. E (2) le moto le vorrei tutte, mi piacciono tutte, specie gli ultimi modelli (non sono un nostalgico della pedivella). 

Di solito vendere la moto per acquistarne una nuova non mi provoca dispiacere, perché l’abbandono della precedente è più che compensato dall’eccitazione per la nuova arrivata. Invece, per la prima volta mi è dispiaciuto vendere la mia Triumph Bonneville Scrambler rossa e grigia, e mi è dispiaciuto perché era bellissima, e perché l’ho desiderata così a lungo. È dispiaciuto anche agli amici, perché mi stava bene, e quando la inforcavo parevo un rocker inglese. 

Persino mia figlia è dispiaciuto. Quando la scrambler è arrivata, la battezzammo Aquilante (malo caballo) (chi non comprende faccia una ricerca con google), e le sue parole furono: “finalmente è tutta nostra”. Si riferiva ad un’altra amata Bonneville color rosso (Ruby), con i carburatori, che fu nostra in prestito da un amico collezionista per un anno intero. 

Comunque anche Aquilante ci ha lasciato. Nulla dura per sempre, tutto è provvisorio, è un effetto collaterale della vita. 

L’ho portata ad un concessionario KTM romagnolo, di Imola, terra di motori e di persone veraci, non a caso il concessionario si chiama Sauro e mi è piaciuto molto. 

Ho lasciata Aquilante per i cavalli. Per la potenza e per la comodità di viaggio. Aquilante era il massimo sulla gita breve, e anche ammiratissima al bar. Mi ha portato sulle Alpi, mi ha accompagnato nel rifare per l’ennesima volta le Grande Alpes, mi ha aiutato a frugare ogni angolo di Appennino locale (Valli Piacentine, Appennino ligure). Avrei voluto farci anche il Marocco, ma l’epidemia ci ha bloccato. 

Una moto facile, bella ed affidabile. Purché fossi solo, senza passeggero, e senza autostrada di mezzo. 

Desideravo nuovamente una Moto Guzzi. “Guzzista una volta, guzzista per sempre”, recita il proverbio (l’ho coniato in questo istante). Il motore a V ha personalità da vendere, e conquista. Non c’è però a disposizione una stradale Guzzi di una misura adatta ai viaggi, che è uno dei motivi per cui mi piace andare in moto, specie dei viaggi in due. La V7 è bella, ma se la gioca nella categoria della Bonneville. 

È ben vero che c’è la V85 TT, una moto praticamente perfetta, l’equivalente su due ruote della mia Jeep Renegade. Ed infatti ero praticamente giunto all’acquisto, quando mi è capitata l’occasione romagnola. Si trattava di un prendere o lasciare, ed il motociclista Joe Bar in giacca di pelle che è in me è saltato fuori ed ha avuto il sopravvento. Blue Biker, a cavallo di un boxer BMW stradale straripante di cavalli, bianca e azzurra e con una gran R disegnata sul fianco (del serbatoio). 

Mi è dispiaciuto non potermi permettere di tenere anche Aquilante. 


Purtroppo le moto BMW sono (quasi) perfette, nel senso che quando ne hai posseduta una, fatichi ad adattarti ad una moto diversa, e non è una cosa buona, perché desiderare è importante. Almeno io lo faccio: desidero la V85, la V7 850, la Bonneville Bud Ekins, la Honda CB Four, e me ne rimane ancora qualcuna. Ma la R1200 R bianca e azzurra era in cima alla lista (assieme a quella nera con i filetti disegnati sul serbatoio). 

È comoda, possente, solida, potente, veloce, affidabile. Ed è bella, come una tedeschina in vacanza sull’Adriatico. 

Come da tradizione, ho cercato un nome con cui battezzarla. Ho dato un nome ad ognuna delle mie moto: Pimpa, Biancaneve, Ruby, Bonnie, Susy, Aquilante (l’Avventurosa). 

Ci vuole un po’ perché il nome nasca da sé. Questa volta mi serviva un nome algido, teutonico, che evocasse bellezza, durezza, velocità, carattere, e possibilmente iniziasse per R.

Alla fine si è chiamata Clarabella

È quasi perfetta (come ogni donna, ed ogni moto, all’inizio), ma non del tutto. Per esempio è troppo potente. Mi ci è voluto un po’ di esercizio per passare dalla facilissima Scrambler. Troppo potente significa che sorpassi un’auto, e poi un’altra, e poi il buon senso va a farsi benedire e non rientri più, perché se hai i cavalli, li usi. Non ha troppa coppia, non abbastanza da fare le fusa al minimo, e così l’acceleratore va usato, specie in modalità Dynamic (che è quella divertente. Le altre sono Road e Rain, che la fa procedere come uno scooter). 

È la coppia il motivo per cui l’ultimo modello di R è stata dotata di fasatura variabile. Per migliorare la coppia e mantenere la potenza. Anzi, l’ultimo modello i CV li aumenta ulteriormente, una cosa che non condivido, perché da come la vedo io il DNA della R (Roadster) è turistico e non sportivo. Aveva una personalità perfetta il boxer 2 valvole, ma tant’è, sempre più persone hanno necessità di Viagra. 

L’indicatore dei giri è digitale, quello della velocità analogico, il che è il contrario della più elementare regola d’interfaccia. Purtroppo è la strumentazione a metà strada fra la precedente tutta analogica e l’attuale tutta digitale (stile tablet). È inutile che vi dica che per me la R stava benissimo con i due cerchi analogici. 

Insomma, la MY 2021 mi fa felice. La uso nel quotidiano, e non vedo l’ora di farlo anche nel lungo raggio, in compagnia. Per l’occasione, è dotata delle belle valige laterali bicolori (nero e grigio) e del bauletto con lo schienale per il passeggero, che la trasforma nella più performante poltrona Frau di sempre. 


Per il futuro, l’appuntamento è come sempre su queste pagine. 



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