EICMA 2019 il salone della moto (un parere ignorante)


Fra tutte le cose che sono andate a male in questo inizio di secolo, forse l’unica eccezione è rappresentata dalle motociclette. A memoria mia, non ci sono mai state moto così belle e tanti modelli fra cui scegliere. E nonostante soldi in tasca ce ne siano pochi, le moto continuano a vendere bene.
Ben inteso non è un Rinascimento, ma un Canto del Cigno. I motori a scoppio sono giunti al capolinea, e la trazione elettrica è dietro l’angolo (non proprio questo angolo, per fortuna). E i motociclisti suono uomini dalla mezza età in sù: i giovani non ne sentono il fascino, certo non quanto noi, generazione per la quale il cinquantino era addirittura un rito di passaggio.
Ancora una volta eccomi sulla strada per l’EICMA. Quante volte sono? Ero un adolescente quando partivo per Milano con i miei migliori amici... E dopo tanti anni, rieccomi in treno, per risparmiarmi la tangenziale nell’ora di punta, il parcheggio, e Rho, il punto più scomodo da raggiungere dell’intera mappa stradale. Per di più quest’anno a Milano il biglietto della metro è salito di prezzo, ma Rho è stata fatta rientrare nella cerchia metropolitana, e non c’è più da fare il biglietto doppio.
EICMA, il Salone, è diventato enorme. Credo che non sia mai stato così esteso e con così tanti espositori. Certo, quelli da visitare quanti sono? Una dozzina, le grandi marche motociclistiche, il resto è filler, riempitivo, spazio per podisti. Ed infatti fra uno stand maggiore e l’altro è tutto un camminare fino a consumare le suole delle scarpe. Probabilmente per non penalizzare gli espositori minori, sono venute meno le distribuzioni di una volta. Non c’è più il capannone dei giapponesi, o quello degli USA con tanto di mercatino. È tutto shakerato: è un peccato, ma è comprensibile.

Partiamo dalle cattive notizie. Stand più deludente? Moto Guzzi.
Ma dico io, è mai possibile che Piaggio sia con ogni evidenza lo sviluppatore più lento al mondo? Nell’anno del successo di mercato della Guzzi V85 TT, un trend che non si viveva da molto molto tempo, allo stand Guzzi non c’è nulla da vedere, neanche uno straccio di novità. Non dico il prototipo della V85 Strada, che ci stava tutta, ma neanche la motorizzazione 850 cc per la serie V7 (un'altra famiglia di successo)... Che sforzo ci voleva a montare uno small block 850 cc al posto dell’analogo 750 sulle belle V7, magari già che c’erano con una coppia di sospensioni all’altezza? Un garagista qualunque ci metterebbe una settimana, a Piaggio non sono bastati evidentemente due anni. Mi piace la V7 Stone, come pure la Rough (chiamarla Scrambler no?), sono moto ricche di fascino, con una bella seduta e un bel rombo, ma con 52 CV dove ci vai? Neanche al bar.
Unico sforzo, una colorazione sabbia della TT, la tuttoterreno. Bella, ma non ancora in catalogo.



Stand più deludente numero due? BMW.
Dopo gli anni in cui lo spazio di BMW Motorrad sembrava una città, tanti erano i modelli esposti, oggi era vuoto. Neanche una motocicletta. Peggio: c’erano esposte sono le nuove, due o tre modelli in tutto. La F800 R è davvero bruttina. Non sembra una BMW, ma una jap. Anche se della BMW avrà di certo il prezzo. Ma non vale una Yamaha. La F800 XR è l’imitazione della Ducati Multistrada 950, senza essere una Ducati. La R18/2 è un soprammobile, oppure una scultura. Non ce la vedo davvero a muoversi per le strade.

Passiamo allora alle sorprese, che spesso vengono dagli outsider.

Moto Morini
Ha il suo bello stand. La brutta notizia è che il proprietario non è bolognese ma cinese, come del resto la metà dei bar italiani. La buona è che le Morini ancora le costruiscono in Italia, anche se a Pavia e non a Bologna. La MM Milano rossa è sempre esposta, ma ancora non nei concessionari. È bellissima, forse la moto italiana di maggior fascino. O, da un altro punto di vista è “abbastanza” bella: il fanale sembra un po’ un lego, ma deve essere la moda, è così anche per la Honda CB1000. La sella è da sportiva monoposto, ed è un peccato, perché il DNA della 7½, a cui la Milano si ispira, è turistico. Perché non svilupparne un modello turismo, ed uno sport? Anzi, già che ci siamo, perché non metterla in vendita?
Poi c’è la variante Scrambler, meglio del prototipo precedente, ma non abbastanza per sperare di avere un successo di mercato nell’oneroso segmento delle 1200 cc. Certo, se creassero un motore V 750 (o 850) la musica cambierebbe, e Morini diventerebbe un marchio su cui puntare.
Infatti a sorpresa esce una 650 cc, la X Cape, ma non è un motore Morini a V, ma un bicilindrico in linea, e si tratta di una crossover, la categoria pigliatutto dei nostri giorni. Insomma, non è proprio una Morini, ma l’adattamento di un modello asiatico. Se il modello rosso e nero ricorda un grosso scooter Honda, quello esposto nel diorama, tutto sporco di fango, ha un fascino innegabile. Certo, se la Morini 650 fosse questa X Cape, avrebbe le carte in tavola per diventare di moda. Voto 9.



Ducati
Sono esposti modelli sportivi, Streetfighter e Panigale, a due e a quattro cilindri. Sono i più ammirati dal pubblico, ma saranno anche i meno venduti. Invece la sorpresa corposa viene dallo stand Scrambler. È ancora una crossover, si chiama Desert X, ed è la più bella di tutte le moto del suo segmento. È ispirata alla Cagiva Elefant degli anni novanta, e solo a guardarla fa sbavare di desiderio. Per ora è un prototipo, ma sarebbe una follia non metterla in produzione. È la più bella di tutte le crossover under 1000 cc, come si potrebbe acquistarne un’altra se questa fosse in catalogo? Voto 10.



Husqvarna
Non so cosa si aspettasse Stefan Pierer, ma le freccia bianca e freccia nera sono già in saldo. È stato un bel tentativo di design, per portare le roadster stradali verso un pubblico giovane, ma al momento non è decollato. Poco male, perché nello stand c’è esposto un prototipo che per bellezza è secondo solo alla Elefant, pardon, alla Desert X. Si chiama Norden, è una enduro stradale molto fuoristradale, e sarà prodotta quanto prima in due o forse persino tre cilindrate. Ecco finalmente il futuro della ex casa svedese. Voto 10.



KTM
Sempre più futuristiche, stradali e crossover, coprono tutte le cilindrate possibili. Le K hanno un pubblico fidelizzato che non cavalcherebbe altro (come BMW, come HD) e non è poco. Dalle mastodontiche 1290 cc, alle interessanti davvero 390 (l’unica piccola ad apparire grande). Dalle stradali Duke alle Super Adventure.



Caballero
L’azienda si chiama Fantic, ma la moto è la Caballero. Tre cilindrate, diversi gusti, persino uno identico al cinquantino degli anni settanta. Per divertirsi nel breve raggio, non c’è (molto) di meglio. Anche il rumore fa la sua figura, difficile non girarsi quando per strada ne passa una.


Harley Davidson
Ho perso un po’ di vista la Harley, che fino a qualche anno fa era quasi la sola a produrre classic Bike, oggi sta cercando (disperatamente?) di rinnovare l’immagine della moto dei lunghi rettilinei americani. E ci riesce bene con due prototipi. Una è la Pan America, una turistica tassellata con un suo design. L’altra è quella vincente: si chiama Bronx, motore Revolution Max raffreddato ad acqua, e sembra uscita da un film di John Carpenter. Il mio parere non vale molto, perché non sono un cliente Harley, e neppure acquisterò la Bronx, però bella è bella. Più dura della NineT di due spanne. Voto 9.

Indian
Come se non bastasse, a far concorrenza alla HD c’è anche la Indian, che ha dalla sua il fascino dell’outsider. A Milano se ne vedono circolare già parecchie. La Challenger è una bagger di fascino (direi più di BMW e Guzzi), la FTR è una scrambler credibile. In casa Indian il design non fa difetto. Voto 9.



Royal Enfield
Sta conquistando un segmento di mercato. Troppo affascinante la solita Himalayan, in tutte le colorazioni. Oltre che sull’Himalaya, è la moto ideale per chi vive sulle Alpi e sull’Appennino. Peccato la bassa potenza, con il doppio dei cavalli sarebbe un best seller. Ma per la fortuna dei concorrenti, Royal Enfield non è interessata a produrre una cilindrata superiore (io provo ad immaginarla con il motore a due cilindri della Triumph Street Scrambler).

Triumph
La casa inglese ha un suo equilibrio, e le moto sono tutte belle, dalle enduro a tre cilindri (specie la serie piccola, di 850 cc) alle bicilindriche Bonneville. Il tallone d’Achille della serie classica a due cilindri mi pare essere la eccessiva frammentazione. Se vuoi un motore brillante devi buttarti sulla Speed Scrambler, se ci vuoi girare in due devi accontentarti del motore tranquillo della Bonnie. Creare il meglio dei due mondi non si può?
Fra le scrambler, la 1200 è una enduro stradale travestita da moto classica, ma si paga parecchio. Per risparmiare bisogna accontentarsi della Street.

Le giapponesi
La più autorevole è sempre Honda, che gioca la carta della Africa Twin, la viaggiamondo delle strade sporche. Non si è ancora vista la sorella piccola che, perché no, potrebbe chiamarsi TransAlp. La Rodaster stradale si chiama CB Neo Sport Cafè, nelle cilindrate 1000 (quella bella), 650 e 300. Vanno bene per lo sparo, ma non per il turismo.
SI è visto anche un prototipo, la CB4, praticamente la CB1000 con il cupolino.
Spinte con la consueta scarsa convinzione le CB1100, praticamente le Four di una volta. Troppo grandi, troppo costose, ma ogni volta che le vedo mi fanno battere il cuore. La rossa CB1100 EX è sempre bella. Va a finire che prima o poi faccio la scemata.

La Yamaha è la jap di maggior successo, perché ha i modelli più razionali. La serie 700 delle Tracer bicilindriche, e le tre cilindri 900. Anche nella versione vintage, le XSR Faster Sons, dove per linea e leggerezza vince la 700, quest’anno in particolare nella colorazione XTribute, che richiama la mitica XT500.
Poi c’è la crossover, la Ténéré 700, che per prezzo è la più appetibile delle fuoristrada. Molto interessante il modello con le valige, che la trasforma in una giramondo agile e leggera.

La vincitrice fra le moto del sol levante, però, è la Suzuki V-Strom 1050, che quest’anno è bellissima, con un naso e le colorazioni che evocano i modelli della Parigi Dakar.

Le Kawasaki non le distinguo, tutte verdi, tutte sportive. Uniche eccezioni la Z900, la più potente delle classic Bike, e la vintage, la W800, che ha sempre il suo perché.


Poi ci sono le Lambretta, da diversi produttori, compreso quello omonimo, anche se è indiano e non di Lambrate. Ad occhio e croce la più fascinosa mi sembra quella prodotta da Royal Alloy. Per evocare i giorni dei mod, è decisamente meglio della Vespa. E immagino a più buon mercato.
Poi c’è l’invasione delle moto cinesi. Dovrebbero portare alla moto i teenager, ma non sono sicuro che questi siano sensibili alle linee vintage. Qualche marca? Mondial, Brixton.



Insomma, un gran salone, anche quest’anno. Moto belle, belle, belle, tutte desiderabili.

Lasciatemi proporre in chiusura la mia personale Top Ten:

  1. Ducati Desert X 
  2. Husqvarna Norden
  3. Moto Morini Milano 
  4. Harley Davidson Bronx 
  5. Suzuki V-Strom 1050 
  6. KTM 390 Adventure 
  7. Yamaha Ténéré 
  8. Moto Guzzi V85 TT Travel (sabbia) 
  9. Moto Morini X Cape 
  10. Indian FTR 1200 Rally 


Questo post non esaurisce l'argomento. Seguono:


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