Val Luretta


Oggi ho percorso una delle strade più belle del mondo, su una delle moto più belle del mondo. No, non ero nel sud dell’Inghilterra, non in Irlanda, né sulle Alpi. Non ero in Sud America e neppure sull'Atlante. Ero in Val Luretta. Una di quelle giornate difficili, in cui tutte le cose si mettono di traverso, uno di quei giorni in cui hai bisogno di un abbraccio. Per mia fortuna il mio ansiolitico è a due cilindri. Mentre si avvicina il tramonto, prendo la Bonnie Scrambler e salgo sulle colline.


La Val Luretta è una piccola valle nascosta, incastrata fra due più blasonate valli piacentine, la Val Trebbia e la Val Tidone. È una valle dalle colline tonde, che salgono dolci fino a passare i settecento metri. Una conca accarezzata dai colori del sole che scende, solcata da creste che fanno da confine a valli più aguzze. La Val Luretta è la Terra di Mezzo degli Hobbitt di Tolkien, rotonde morbide colline erbose belle da gioire. Un reticolo di stradine che corrono tutte di traverso, fra valli e creste, che di continuo ti perdi e ti ritrovi e non riesci a ripetere due volte lo stesso percorso.



Per evitare i caprioli che attraversano senza fare attenzione il rettilineo di Croara (che gli imprudenti passano accelerando) preferisco salire sulla collina di Pigazzano da Momeliano, per ridiscendere sul lato sinistro del Trebbia, per continuare a seguirlo anche passato Travo in direzione Perino, lungo stradine strette, tutte dossi, cunette, buche e brecciolino, dove i sassi mangiano l’asfalto.
A Donceto, quando giro a destra per aggredire la salita per la Pietra Parcellara, ha per l’appunto inizio una delle strade più belle del mondo: sterrati, frane, sentieri, boschi, fino all’altipiano della provinciale per il passo della Calderola, le Dolomiti Piacentine. Girando a sinistra prenderei per Bobbio, ma al passo curvo invece a destra, in direzione Val Tidone.


Saluto caprioli e vedo volare falchi, nelle ombre lunghe del sole rosso. Vista l'ora, resisto alla tentazione di imboccare la strada panoramica per Pecorara, e proseguo lungo percorsi di fantasia fino a trovarmi in un Groppo Arcelli che sembra uscito dalla scenografia di un film, con la chiesetta, la fattoria tutta sghemba, le mucche al pascolo, la stradina limitata dalla staccionata. Mi dirigo a San Gabriele imboccando i quattro chilometri di sterratone veloce (cercando di evitare le pozzanghere della pioggia di ieri per non sporcarmi le scarpe) mentre il sole scende senza fretta. Oltrepasso il campanile della chiesetta abbandonata che chi lo sa come si chiama, e ritrovo l’asfalto a Piozzano.


C’è ancora luce, l’ansia ha lasciato il posto alla bellezza, non ancora pago devio in un’altra traversa per Rezzanello, il Castello. Uscito dagli alberi mi arrendo alla fine alla pianura, ad Agazzano. Raggiungo felice il Castello di Rivalta, sul Trebbia, pennellando tranquillo le curve come un pittore.
Una strada dell’anima.


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