Il mattino ha l’oro in bocca. Il detto è ancora più vero se si parla di due ruote, e il mattino è quello del sabato o della domenica. Sono le 7:30 quando io e l’Endurista Piemontese ci incontriamo nella piazza di Agazzano per un caffè rituale prima della partenza. La nostra destinazione è una delle strade più belle al mondo, la strada del Faiallo, a volo d’uccello sul mare di Genova. In realtà mi presento con un brunch già in corso digestione, perché con l’Endurista non sai mai quando riuscirai a mangiare.
Lasciamo Agazzano lungo la strada della Val Luretta: bellissima nel suo panorama, a dispetto di un fondo stradale tutto buche e cunette. Ma basta saperlo e regolarsi di conseguenza.
Per strada siamo praticamente solo noi, nell’aria frizzante del mattino d’agosto. Passiamo in una Val Tidone se possibile persino più bella, con le sue sinuose curve aperte che abbracciano il fianco ripido della collina che costeggia il fiume. Scivoliamo con leggerezza da Pianello a Nibbiano, passando dal paesaggio delle vigne al verde dei boschi. Al bivio di Nibbiano, se prendessimo a destra proseguiremmo per la diga (del Molato) e Zavattarello. Noi curviamo invece a sinistra, lungo una bella strada provinciale che si arrampica all’ombre dei boschi, fino a raggiungere la SS 461 Bobbio-Penice. Mi piace guidare morbido e rotondo, senza cambiare, mantenendo prima la terza e poi la seconda, perché Clarabella (la BMW R) è più divertente quando è su di giri. L’endurista, che intanto è scomparso alla mia vista, mi aspetterà paziente al bivio, sostenendo di aver percorso tutta la strada in sesta. Più o meno è così andare io e lui: io in solitaria, lo ritrovo ad attendermi ai bivi - anche perché ho una spiccata tendenza a scegliere la strada sbagliata.
Sul finale, mentre ci avviciniamo al passo del Penice, la vegetazione si trasforma in alpina.
È ancora presto e non abbiamo praticamente incontrato né auto né moto. Il nostro percorso è una strada del paradiso. Le cose cambiano subito dopo il passo, quando entriamo in provincia di Pavia: l’asfalto si fa consumato, tutto buchi, sassi e brecciolino. Davvero pericoloso, considerando la quantità di moto che lo percorre.
Per tutto la provincia di Pavia lo stato delle strade continuerà ad essere inaccettabile. E dire che dovremmo trovarci nella efficiente Lombardia, la locomotiva d’Italia...
Sul versante lombardo del Penice troviamo Varzi, da dove pieghiamo per la Val Curone fino a San Sebastiano, un bel paese romantico che vale una tappa, almeno per il secondo caffè - anche se personalmente, complice la destinazione, inizio a desiderare una focaccia.
In Val Curone un daino delle dimensioni di una mucca decide di attraversare la strada fra me e l’endurista, anzi fra l’endurista e me, visto che lui è invariabilmente in testa. E meno male che fra noi due di spazio ce n’è in abbondanza.
In Val Borbera la strada torna a gratificare la guida. C’è qualche cosa di magico nel suo paesaggio roccioso a picco sul fiume, almeno fino all’arrivo in Valle Scrivia.
Arquata > Gavi (passando sotto il suo bel Forte) > Ovada > passo del Giovi.
A Rossiglione prendiamo a destra in direzione Gavi e Sassello. Ora il bisogno di focaccia ligure inizia a farsi importante.
Arriviamo ad Urbe, fra un popolo sempre più numeroso di motociclisti, e finalmente si può curvare per il Faiallo.
Ancora quattro o cinque chilometri di casette, e poi, come ogni volta, il miracolo. La strada del Faiallo è una delle più belle che si possano percorrere in motocicletta. Una strada distesa, che corre lungo la montagna selvaggia, scendendo infine quasi all’improvviso a volo d’uccello verso il mare. Sotto si intuisce Genova, il porto e le sue navi. Oggi però il Faiallo è immerso nelle nuvole, che lo rendono se possibile ancora più bello. Tira un vento birichino, le nuvole si rincorrono addosso a noi, la strada corre sinuosa in una luce evanescente.
Tutto il Faiallo è bello, fino all’ultimo chilometro, quando approda al mare a Voltri. Verrebbe da girare la moto e rifare tutta la strada fino in alto, come in un parco giochi.
Ma il richiamo del mare è altrettanto forte. Giungendo dalla Val Padana, la vista della spiaggia e del mare è di una bellezza quasi dolorosa. Perché non abito qui? Dopo tutto, il piacentino è un poco un ligure di pianura.
Focaccia e focaccia al formaggio (la “Recco”), vorrei togliere la giacca di pelle e distendermi davvero in spiaggia, ma l’endurista è implacabile. Non si ferma neppure a far benzina. A Varazze si sale per il passo del Beigua (bello da vedere, non da percorrere in moto, con un asfalto che era meno fastidioso quando era strada bianca), e già è il momento di ritornare, verso il passo del Sassello, su per Acqui Terme.
Inizio ad accorgermi degli anni che passano nella fatica del ritorno. Arriviamo a Tortona, Voghera, e poi di nuovo curve dopo Rivanazzano. Invece di tornare a Varzi, pieghiamo per Zavattarello lungo una bella strada, forse da Ponte Nizza.
E di nuovo siamo in Val Tidone, Val Luretta ed Agazzano, da dove siamo partiti.
In qualche modo siamo riusciti a mettere assieme ben 400 chilometri, che effettivamente mi sento addosso.
Devo ammettere che la parte più bella è quella più vicina a casa: le belle Valli Piacentine. A parte, ben inteso, la strada del Faiallo, che ripeto essere una delle più belle strade del... mondo. Fosse meno distante, la percorrerei ogni giorno. E voglio andare vivere in Liguria, lontano dalla nebbia e dall’afa, a vedere il mare ogni mattina e far colazione con cappuccio e focaccia.
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