Bonneville


Da molti anni, la Bonneville è una motocicletta sinonimo di fascino. Forse lo era di più di più l’ultimo modello raffreddato ad aria che l’attuale, ma il suo appeal è rimasto comunque inalterato nel tempo. 
Però ha un problema; con il tempo, un po’ alla volta, si è trasformata da una moto di prestazioni ad una una moto da bar. Ne ho acquistata una per dimostrare il contrario, e invece ho scoperto che è vero. 

Perché la Bonnie punta tutto sull’innegabile bellezza, ma resta indietro su alcuni punti essenziali. 
Il nuovo motore aria / acqua ha molte doti, ma alla casa madre hanno deciso che solo alcuni modelli possano godere in pieno delle sue performance. Il 900 cc è brillante sulla Street Twin, ma è pigro sulla Bonnie T100. Il medesimo dualismo vale per il 1200 cc: entusiasmante sulla Speed Twin, sedato sulla T120
La ciclistica della Bonneville è di una agilità proverbiale, forse solo la seduta un po’ bassa non aiuta nel turismo a lungo raggio (e neanche nel medio), ma quello che non va sono decisamente le sospensioni. Ora, io capisco che sospensioni all’altezza della situazione (e delle strade nazionali) abbiano un costo, ma perché allora non inventarsi due diverse configurazioni: una café per chi più in là non ci va, e una road per chi la moto la usa... 
E il motore, sfruttiamolo al meglio, diamo a tutti i piloti quello buono. 

Quella che vorrei è una Bonneville bella come una Bonneville, ma all’altezza di una BMW. 
(E già che ci siamo, lo stesso chiederei a Guzzi, per la sua V7, che sarebbe ben giunto il momento di trasformare in una V9...)





T120 e T100 







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