EICMA 2017 il Salone della Moto (un parere ignorante)


Il Salone della Motocicletta (di Milano) è per me un rito da molti molti anni, sin da quando, sedicenne, raggiungevo Milano in treno con i miei due amici più stretti, per bearci gli occhi con i nuovi modelli di KTM, SWM, Puch, Zundapp, Husqvarna. Fuoristrada da 125 cc, ma sognavamo anche modelli al momento irraggiungibili, Kawasaki, Honda e, perché no, le sei cilindri della Guzzi di De Tomaso.
È per indomabile passione che mezzo secolo dopo mi ritrovo a salire sul treno per Milano Centrale (questa volta per evitare il traffico della tangenziale est) per raggiungere la fiera più scomoda al mondo, quella di Rho, una volta di più per il rito dell’imperdibile Salone che intanto è stato ribattezzato EICMA.

In controcorrente con ogni altro trend al mondo, quello attuale è un periodo di rinascimento per le motociclette, che forse forse tanto belle non sono mai state. Ad avere di che pagarle non ci sarebbe che l’imbarazzo della scelta: c’è più di una moto per ogni esigenza e per ogni gusto. Manca solo, come sempre, la moto perfetta. L’Araba Fenice.
Riviste e siti autorevoli hanno già presentato le novità con obiettività, giudizio e cognizione di causa. Cosa posso aggiungere io? Un parere non diplomatico, indipendente, ignorante, soggettivo e scorretto. Quello del motociclista on the road.

Forse la singolarità di quest’anno è rappresentata dal ritorno delle piccole cilindrate: dai 125 ai 250 fino ai 500 cc. Quelle che una volta si chiamavano le “medie”, aggettivo che ora si è spostato alle 750, per lasciare spazio alle maxi di 1200 e più centimetri cubici. Non so se il ritorno delle piccole cilindrate sia già una realtà di mercato (non è che per strada se ne vedano molte, almeno non nel nostro paese) o una previsione del marketing. Ben venga, comunque, la motocicletta da 6000 euro.


Uno stand dedicato alle piccole cilindrate è quello della Benelli, l’azienda mezza pesarese e mezza cinese. Il modello di punta è il Leoncino, una specie di Ducati Scrambler low budget. Ducati sembra influenzare i sogni di Benelli anche per gli altri modelli: c’è una 752 ispirata alla Monster, ed una 402 che ricorda decisamente la Diavel. Dubito che sul nostro mercato ci sia spazio per moto non originali, ma probabilmente in Asia sì. Il mio parere non fa testo, perché non sono il cliente target delle quarto di litro, ma di tutte le aziende che espongono le piccolo moto, l’unica che mi ha incuriosito è la SWM, anch’essa mezza italiana e mezza cinese.
Sono moto costruite su basi condivise con la francese Mash e la milanese Mondial, ma i modelli più simpatici mi sembrano la Six Days (una scrambler) e la Gran Milano.
Un nome, quello di Milano, che sembra piacere, se si ripete in fiera anche per un modello di Moto Morini ed uno di Moto Guzzi. In altri tempi si sarebbero chiamate forse Monza, a citare l’autodromo anziché la capitale della moda.

Fra le moto piccole, ad un’altra categoria in termini di qualità appartengono le KTM e le BMW. A cui si va ad aggiungere la rediviva Fantic Caballero, 125, 250 e 500.

Quest’anno il salone è disposto in maniera strana, ed infatti mi sono trovato ad entrare dal padiglione delle giapponesi, che tradizionalmente concludevano il mio percorso.
Non sono un motociclista filo giapponese, almeno non dai tempi d’oro della Honda 750 Four e della Kawasaki Mach III. Mi pare che queste enormi aziende siano molto lente a reagire, e che i modelli non siano interessanti quanto potrebbero. Ma è un giudizio mio, non confermato dalle classifiche di vendita, dove Honda e Yamaha la fanno da padrone.


Yamaha lo scorso anno presentava il prototipo dell’attesa Ténéré 700, e quest’anno… l’anteprima della Ténéré 700. Immagino che il modello definitivo sarà comunque sul mercato prima dell’EICMA del 2018.

La Enduro Stradali sono sempre i best seller, sia per l’inarrestabile successo della sempreverde GS, che perché si tratta effettivamente della categoria più intelligente per percorrere le strade. Sono divise in due categorie principali: le grosse Globetrotter, le SUV della strada in grado di girare il mondo tanto in autostrada che sulle strade bianche, e le TuttoTerreno sotto il litro di cilindrata, che spesso hanno velleità (o almeno ispirazione) più fuoristradistica.
Delle Globetrotter la regina del mercato è ancora, con largo margine, la BMW R1200 GS, nonostante prezzo e dimensioni entrambi maxi. Fra le TT, diverse moto si propongono come concorrenti della Honda Africa Twin. Per l’appunto la Ténéré (che sembra molto specialistica), la KTM Adventure 1090, la Triumph Tiger. E, temibile, la nuovissima BMW F850 GS. Anzi, le BMW, perché c’è la famiglia comprende anche la più stradale F750 GS.

Delle quattro sorelle jap, Yamaha mi sembra la più vivace. Oltre che per la Ténéré, per la quantità di modelli derivati dal bicilindrico 700 e dai tre cilindri della 900, che comprendono le MT, le Tracer e la serie classica (o per meglio dire, le Faster Sons della serie XSR)


Honda, che continua a vendere bene in virtù del basso costo della popolare serie NCX, schiera il suo gioiello Africa Twin anche nella immancabile versione Adventure, dotata di serbatoio maggiorato e paramotori. Ma c’è anche un’altra novità significativa, una nuova naked dal design contemporaneamente moderno e classico, la CB1000 R, che vista dal vivo sembra un po’ la moto del Lego, ma potrebbe diventare la vera erede della Hornet e della Four - anche se presenta il difetto atavico di tutte le classic bike del mercato: il fatto di essere principalmente monoposto e senza spazio per i bagagli. Pare che i progettisti di tutto il mondo concordino nel ritenere il classic biker - o meglio l’hipster, a giudicare dalle foto pubblicitarie - un vero sfigato in termini di relazioni di coppia. Con la moto classica si può andare solo soletti e fino al bar. Peccato.
La CB1000 R sembra mettere una pietra tombale sull’altra classic bike (per inciso, l’unica biposto), la CB1100 Four, che Honda non è mai riuscita a rendere davvero bella o appetibile. Un caso di too late ma anche too big. Troppo grande, troppo costosa e non abbastanza raffinata.

Di Suzuki, che punta sui modelli sportivi (di cui poco so dire perché non sono capace di cogliere il fascino dei gran premi), mi pare si possa dire solo che la vecchia ma sempre rinnovata V-Strom rappresenti la vera alternativa a basso costa della GS 1200. Sempre senza dimenticarne la versione “piccola” ma molto efficiente di 650 cc, e persino una mini 250 cc.


Kawasaki arriva da penultima al mercato delle classiche. meglio tardi che mai, per l’azienda che ha prodotto la Mach III e la REX. La Z900 RS ha suscitato molto interesse ma, a dirla tutta, io ne sono rimasto un po’ deluso. È corta e panciuta e non mi pare poi così bella. Ma è un parere personale.

E arriviamo le europee, sempre le più affascinanti fra le 2 ruote.


Lo stand BMW è (come lo scorso anno) una città. Il successo del marchio si basa naturalmente come sempre sulla R1200 GS, il Rolex delle motociclette, e l’azienda ha deciso di capitalizzarlo. Infatti la serie F, ormai invecchiata e messa a dura prova dalla concorrenza, diventa F850 GS e F750 GS, i due modelli di TuttoTerreno che, a sorpresa, non inseguono la Africa Twin, ma propongono una perfetta replica della 1200 GS, senza il boxer. Eliminato il poco gradevole serbatoio nella coda, le nuove GS sono davvero belle, e se da una parte pagano l’ovvio scotto di non montare il boxer (il motore più flessibile al mondo) dall’altra hanno un’aria più agile e filante dell’originale, che dal canto suo è sempre più simile ad un Caterpillar o un trattore Massey Ferguson. Anzi, la 1200 GS Adventure è ormai decisamente obesa, qualcuno dovrebbe dirlo.
La linea GS scende di cilindrata addirittura fino ad un 310 monocilindrico.
Fra gli altri modelli, spicca (ai miei occhi) la serie classica delle NineT, che sono le stesse dello scorso anno, e che mancano la perfezione solo nell’ostinazione con cui restano delle moto per single. È un vero peccato che la bella GS non possa montare una sella abbastanza comoda per ospitare un passeggero, e lo stesso vale per gli altri modelli, di cui il più bello continua ad essere, ai miei occhi, lo Scrambler.
Della R stradale mancava in esposizione il modello black edition, creato per il mercato italiano ed a mio parere l’unica interessante delle roadster.
A titolo di curiosità, è simpatico fermarsi a guardare la bagger americana, che infatti si chiama Grand America. Da esportazione.


Le KTM. A parte i modelli da cross, le KTM stradali si dividono fra serie Duke e le Adventure. Le Duke hanno una linea sempre più cattiva e futurista, con un inquietante grosso fanale da insetto alieno. Della famiglia fa parte anche una nuova bicilindrica parallela, la 790. Credo che le Duke godano di maggior successo sul mercato tedesco; da noi la serie più popolare è quella delle Adventure. La 1290 SuperAdventure è troppo grossa e tecnologica. Il modello bello è la 1090 Adventure, vera concorrente europea della Africa Twin.
Era esposto anche un prototipo di Adventure 790 con il bicilindrico in linea della Duke ed un’aria da moto da cross.


Sorprese dalla Triumph. Questa volta non vengono dalla serie Bonneville, dei cui modelli ho perso il conto, ma dalla turistica Tiger. La 1200 ha subito una cura dimagrante ed è diventata sorprendentemente bella. Non ha più un aspetto mastodontico tipo Aprilia, ma è diventata leggera e filante. Meriterebbe una serie considerazione da parte degli acquirenti della GS. Anche le 800 hanno ricevuto un restyling, e sono decisamente fra le più affascinanti fra le enduro stradali di cilindrata intelligente. Una alternativa di valore alla Africa Twin (non cito la KTM perché gli utenti del Kappa sono una squadra fedele).
Le Bonnie hanno lo stesso colore dello scorso anno (il che è un peccato, perché i colori dei vecchi modelli in effetti erano più belli).


C’era anche uno stand Norton. Come ha scritto qualcuno: moto di classe per un pubblico di nicchia, quello a cui piace spendere di più per moto che vanno peggio delle altre. Ma decisamente belle.


La Royal Enfield ripropone l'affascinante piccola moto da Rally, la Himalayan 400, vista l'anno scorso ed approdata alla fine al mercato europeo in versione euro 4. Per capirla bisognerà provarla.

Infine le italiane.


Lo stand Ducati riscalda sempre il cuore. Sul versante delle moto corsaiole presenta la Panigale quattro cilindri a V, come la moto GP. Una categoria che non comprendo, ma mi adeguo.
La serie Scrambler cresce verso l’alto con una 1000 di cilindrata, che diventa anche più robusta di dimensioni ed è decisamente piacevole a vedersi. Ormai le Scrambler sono una vera serie parallela alternativa alle Monster. Resta da vedere se il mercato ne ha bisogno: in altri termini se c’è un pubblico disposto a spendere molto per questo modello.
Le Multistrada sono le stesse. Crescono di cilindrata a 1260 cc, ma la mia preferita resta la piccola 750.


Moto Guzzi continua a produrre molti modelli, tranne quelli giusti. La stradale resta la piccola V7, sempre più fighetta in mille edizioni speciali, che quest’anno si chiamano Carbon, Milano e Rough.
Come altre volte, Guzzi mostra un concept (mi è rimasto nel cuore quello della V12, la moto più bella del salone di quell’anno, e poi mai prodotta). A sorpresa non si tratta dell’attesa stradale, ma di una tutto terreno da 850 cc. La buona notizia è il motore da 80 CV, che potrebbe finalmente equipaggiare una V8 come si deve. Ma nel mercato delle enduro Moto Guzzi non è mai riuscita a sfondare - non credo che ce la farebbe adesso, con un modello dallo stile decisamente anni ottanta.


A sorpresa, appare una nuova Moto Morini. Ed è anche bella: una stradale moderna e classica assieme, battezzata (anche lei!) con il modaiolo nome di Milano, la cui linea evoca la nuovissima Honda CB1000 R (un caso di sincronicità) e si ispira alla classica . Con il solito peccato originale: sella monoposto, niente spazio bagagli. In quanti sono disposti a spendere una fortuna per arrivare solo al bar?
A mio vedere, anziché proporne una versione Scrambler (poco a fuoco), Morini avrebbe fatto meglio a lasciare la sella monoposto ad una versione Sport, e concedere alla Milano una seduta più spaziosa. Sarebbe un vero peccato che questa Morini Milano restasse un esempio di bel design italiano ignorato dal mercato.


P.S.: ho lasciato ai margini la Harley Davidson, che sempre di più rappresenta un universo a parte. C’è stato un tempo, prima che le aziende scoprissero il filone delle classic bike, che le “piccole” Harley erano le uniche classiche del mercato, o quasi. Oggi mi sembrano moto per un pubblico di nicchia, quella degli easy rider nostrani, e personalmente fatico a distinguerne i modelli, che puntano molto sulla personalizzazione e le serie speciali, che comprendono addirittura le immancabili scrambler.

Regina del Salone? Forse non c’è. Tante moto belle, ma nessun asso pigliatutto. Nonostante l’abbondanza di offerta, dovessi acquistare una stradale classica da viaggio oggi, non saprei in effetti dove rivolgermi. Devo fare comunque un nome? Moto Morini Milano.

Commenti

ste ha detto…
Condivido le tue valutazioni. Credo che si senta in generale il bisogno di moto moderne, ma prive della valanga di elettronica e plastica che ormai appesantisce ogni modello, GS incluso. Limitare l'elettronica e fare a meno della plastica significa in molti casi riproporre vecchi modelli, con un minimo di restyling. No, io vorrei una modo di oggi, vera e sincera... (forse il nineT?)