La proposta era questa: andare a Rimini per raccontare di un concerto di trent’anni fa (Bruce Springsteen all’Hallenstadion di Zurigo) fra altri giornalisti musicali e appassionati. Il tempo da al bello stabile quasi estate, quale occasione migliore per andare in motocicletta?
Considerata la natura dell'occasione, non poteva essere niente di meno di una motocicletta rock, e quale motocicletta è più rock della Triumph Bonneville di Bob Dylan?
Come si va in moto da Piacenza a Rimini, quasi una coast to coast dal mar Ligure all’Adriatico?
Scartati gli Appennini, bellissimi ma le cui strade sono inesorabilmente dirette da nord a sud e non favoriscono la direzione verso la costa orientale, penso alla SS9, la via Emilia che i romani avevano progettata per correre diritta proprio in quella direzione, e che ancora da bambino percorrevo in auto con mio padre per raggiungere il mare passando addirittura sotto le torri di Bologna la grassa.
Ma la SS9 in qualche modo nel mondo moderno non esiste più, fra ininterrotti centri abitati ed ellittiche tangenziali che cercano di condurre verso la A1, l’autostrada del Sole.
Così dopo la frustrazione di una coda ininterrotta in direzione Fidenza, mi arrendo e mi risolvo ad entrare in autostrada, con l’idea di saltare almeno il caos della tangenziale di Bologna. Viaggiare con una Bonnie senza parabrezza a 110 km/h sulla corsia destra della A1, dietro una corriera che per l’occasione promuovo a Greyhound, mentre cerco di tenere distese le gambe rimpiangendo le pedane avanzate dell’Harley, non è esattamente la misura del divertimento di andare in moto.
Passata Bologna mi arrendo ed esco, solo per ritrovarmi in coda perenne fra Imola, Faenza e Forlì. Occhieggio le montagne alla mia destra e mi ci inoltro, attraversando colline che vanno via via facendosi più mediterranee, con paesi da nomi esotici come Mercato Saraceno. Punto verso San Marino e da lì raggiungo Rimini. Contavo di assaporare un fritto misto sulla spiaggia, invece arrivo a pomeriggio inoltrato stracco morto.
Per il ritorno la risolvo diversamente, e complice un po’ di fortuna e l’intuizione di cercare il grande fiume, riesco davvero a scoprire una via Emilia alternativa sospesa nel tempo ad uso e consumo del viaggiatore su due ruote.
Per il ritorno la risolvo diversamente, e complice un po’ di fortuna e l’intuizione di cercare il grande fiume, riesco davvero a scoprire una via Emilia alternativa sospesa nel tempo ad uso e consumo del viaggiatore su due ruote.
Mi faccio aiutare dall’autostrada fino a Forlì, poi esco e punto al nord verso Lugo di Romagna. Lugo, Massa Lombarda, Medicina, Budrio, Castel Maggiore, San Giovanni in Persiceto. È tutta pianura, strade piccole, poco traffico (è domenica); una pianura brulla non bella ma caratteristica, pochi grandi alberi isolati che portano alla mente Ciccio Ingrassia che in Amarcord di Federico Fellini grida al cielo “voglio una donna!” Casette coloniche isolate e di tanto in tanto qualche costruzione squadrata di cemento armato dipinta in azzurro o in bianco dove il pennello ha anche aggiunto in rosso “Ristorante” che ti fa pensare al fritto misto e alla piadina.
Una Romagna aspra ma amichevole.
A San Giovanni in Persiceto entro in Emilia, e vado alla ricerca del Po che intercetto a Guastalla e Gualtieri, dove la strada si fa bellissima, lungo l’argine dove il Grande Fiume più che vedere si intuisce, dalle case, dalla vegetazione, dalla gente del Mondo Piccolo.
A San Giovanni in Persiceto entro in Emilia, e vado alla ricerca del Po che intercetto a Guastalla e Gualtieri, dove la strada si fa bellissima, lungo l’argine dove il Grande Fiume più che vedere si intuisce, dalle case, dalla vegetazione, dalla gente del Mondo Piccolo.
A Brescello mi fermo a fare una foto con lo zio Giuseppe Bottazzi “Peppone”, incarnato in una statua nella piazza del paese.
Se la pianura della Romagna ha un suo fascino selvaggio texano e l’Emilia è dolce, la provincia di Parma è assolutamente bellissima, e vale il viaggio.
Che sia merito di quella Maria Luigia consorte di Napoleone Bonaparte e sovrana del Ducato? Seguo il Po sfiorando Casalmaggiore (sull’altra riva), fino alla Reggia barocca di Colorno, e poi la pianura di Sissa, Roccabianca, Zibello, Polesine, Cortemaggiore dove mi coglie il crepuscolo di questo viaggio lunghissimo che terminerà diversi chilometri più in la sulle rive del Trebbia, abbastanza tardi da rendermi conto che il faro della Bonnie tira troppo in alto ed è ribelle a lasciarsi abbassare a lungo.
Una “coast to coast” non male, che vale la pena di essere replicata da occidente ad oriente, magari seguendo questa volta il Po fino al delta.
Una “coast to coast” non male, che vale la pena di essere replicata da occidente ad oriente, magari seguendo questa volta il Po fino al delta.
Ma dopo tutto il tema era via Emilia alternativa, non è così?
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