La Regolarità è antica quanto le gare motociclistiche: all’inizio di trattava infatti, al pari delle gare automobilisitche, semplicemente di corse sulle strade aperte al traffico, che in gran parte non erano asfaltate e presentavano dunque vari gradi di difficoltà. La gara consisteva nel rispettare i tempi della tabella di marcia di ogni tappa per non essere penalizzati dai ritardi: in pratica erano quelle gare che per le automobili si trasformarono nei Rally. Con il miglioramento del manto stradale, le moto si spinsero su sentieri sterrati lontani dal traffico quotidiano (ma con lo stato attuale delle strade italiane si potrebbe tranquillamente tornare a correre le gare di enduro sulle statali).
Per molto tempo non vennero fabbricate moto specifiche per l’uso in fuoristrada, ma si usavano le moto di normale produzione con qualche modifica artigianale al bisogno. Mano a mano che la tecnologia permetteva di fabbricare moto più adatte ai sentieri difficili, i percorsi di gara venivano scelti ancora più impegnativi, innescando un percorso evolutivo. Nel 1948 si tenne la prima edizione delle Valli Bergamasche, che con il passare degli anni sarebbe diventata la più mitica e massacrante delle gare di regolarità nel nostro paese, all’inizio banco di prova delle nostre migliori moto e piloti, ma successivamente gara di fama internazionale e vetrina della produzione fuoristradistica dell’industria. In Europa la gara più importante era la mitica Sei Giorni ed il suo premio il Silver Vase che diede il nome a più di un modello. Negli anni sessanta le moto più ambite per correre nelle gare di regolarità furono le Moto Guzzi Lodola prima, le Gilera dopo e infine le Morini Corsaro.
Si premiava un primo assoluto che per lungo tempo fu appannaggio della classe 250 cc, fino all’arrivo nella seconda metà degli anni sessanta di moto europee più piccole e leggere come le Hercules e le Zundapp, che si dimostrarono superiori e più specializzate delle più grosse e pesanti moto italiane. Si chiudeva definitivamente la stagione delle quattri tempi e si apriva quella delle due tempi, progettate e costruite strettamente per l’uso in gare fuoristradistiche sempre più massacranti. Altre regine della regolarità furono le Jawa, MZ, Puch, Maico, DKW, Husqvarna almeno fino all’arrivo delle KTM costruite secondo le disposizioni del pilota e importatore americano Penton. Eccellero anche costruttori artigianali italiani come SWM, Beta, Aspes, Fantic, Gori, Simonini, Villa.
Con il passare degli anni da una parte le moto da regolarità si fecero sempre meno diffuse fra il pubblico, spegnendo anche l’interesse per le gare; dall’altra una crescente sensibilità ecologica andò a limitare sempre più i sentieri che era consentito percorrere in moto, e fece tornare inoltre in auge i motori a quattro tempi. La disciplina stessa della Regolarità cambiò nome assumendo quello internazionale di Enduro, mentre le gare si compongono sempre meno di lunghe escursioni e sempre di più di prove speciali in settori limitati da “fettucce” non così dissimili dalle prove di motocross.
Oggi però che i teen ager di allora sono diventati adulti e hanno messo su famiglia, c’è un forte ritorno alle gare amatoriali di piloti senior, con categorie che tengono conto tanto dell’età delle moto (originali e restaurate) e dei piloti (originali e non restaurati).
Le foto di questo post sono dedicate alle regine a quattro tempi degli anni sessanta, dell'epoca che ha preceduto la rivoluzione del due tempi.
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Saluti
Giacomo