Il secondo capitolo dell’Avventura di una Stelvio nuova di fabbrica arriva in una domenica di inizio giugno: quasi per caso, incrociando una banda di motociclisti in Triumph di mattina, mentre mi godo un cappuccio & brioche per colazione in un bar di Castellarquato. Ospite di questi motociclisti, quasi tutti coetanei e quasi tutti a cavallo di Tiger bianche, blu o gialle, mi ritrovo in pochi minuti ad affrontare gli stretti tornanti del percorso della classica gara in salita Lugagnano - Vernasca, e a seguire quelli altrettanto impegnativi del passo che da Bore porta il viaggiatore temerario alla bella Rocca di Bardi. Rocca che i miei nuovi amici non trovano il tempo di fermarsi ad ammirare. Anzi appena entrati in paese già deviano per la stretta provinciale che porta verso Borgo Val Di Taro. Neanche li ci fermiamo, per la fretta di imboccare il bellissimo Passo del Brattello, che raggiungiamo in un amen, dalla più anonima salita del versante parmigiano per gettarci nella bella discesa sotto le fronde della Foresta del Brattello. La media è veloce, più delle mie abitudine e invece di guardarmi attorno mi tocca tenere gli occhi fissi sulla linea di mezzeria. Non posso fare a meno di pensare all’elogio alla lentezza che mi aveva fatto conoscere il blog di Barber Pompeo, forse anche perché il Brattello conduce proprio alla sua affascinante Pontremoli.
Non corriamo come quegli sconsiderati piloti da strada su cavalcature da super bike che ad ogni curva si coricano a strisciare la saponetta del ginocchio, e nemmeno come quella pittoresca coppia di motociclisti, entrambi su una rabbiosa Benelli verde, che ci sorpassano volando senza fare alcun tentativo per rispettare una distanza di sicurezza. Novelli Willy Coyote e Roadrunner (Bip Bip) ci sorpassano una, due, tre volte. Evidentemente si nascondono dietro i cactus, come nel cartone animato della Warner Bros, per tenderci l’agguato.
Corriamo comunque più della mia velocità di crociera standard e troppo presto arriviamo alla statale della Cisa, alle porte di Pontremoli. Quando mi si annuncia che neanche a Pontremoli è prevista una sosta decido di congedarmi dai miei nuovi amici; devo infatti assolutamente scoprire se davvero esiste in città un barber shop intestato a Pompeo, e devo cercare anche la statua di ferro di Pinocchio il cui pellegrinaggio da bambino segnava la fine della lunga strada di montagna per arrivare al mare, in Versilia.
Ma mi si prende per la gola: manca poco infatti al nostro pranzo, così mi risolvo a rimanere per il momento in compagnia per tornare a Pontremoli un poco più tardi per conto mio.
Che invece poco non è, perché per una buona mezz’ora ancora ci arrampichiamo per gli Appennini parmensi all’interno di un magnifico parco naturale (dei cento laghi?) che ci porta ad un ristoro dopo un lungo sterrato proprio nei pressi di un laghetto. Mangiamo indossando la giacca per riscaldarci, e la polenta che ci servono non è davvero fuori posto, anche se è giugno. A fine pranzo saluto tutti, ma comincia a piovere. Che fare? Ho già affrontato mille curve e più volentieri che farne altrettante mi piacerebbe schiacciare un pisolo. Così mi risolvo a malincuore a puntare su Berceto, e poi di nuovo verso il Ducato di Parma e Piacenza. A Pontremoli tornerò di sicuro, ma non oggi.
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A presto..!
Alberto Hornet