quattro moto al bar

 


Quattro chiacchiere in libertà. L’ho già scritto e mi ripeto: al netto delle nostalgie della perduta giovinezza, non ci sono mai state moto tanto belle come di questi giorni. E così tanta scelta. 

Immagino che sia il canto del cigno, prima della scomparsa del motore a scoppio e della generazione dei boomers, per i quali le due ruote hanno rappresentato così tanto. Ma intanto, godiamocelo. 

Qualche scricchiolio però si avverte. Per esempio: l’invasione delle moto cinesi

Non amo le moto cinesi. Non è solo perché siano prodotte in Cina e non a Borgo Panigale o a Mandello, o in Inghilterra, in Austria o in Germania. Ma per una questione di intenzioni, di sincerità, di passione. 

Nel bene o nel male, le moto europee sono motivate dalla passione per i motori, e sono costruite da europei per europei. Le moto cinesi sono al contrario prodotti industriali (sia pure ogni giorno di miglior fattura) ma disegnate e concepite per un mercato “altro”: una imitazioni studiata a misura di stranieri. 

Certo: i nostri stipendi sono bassi e i prezzi delle moto sono alti. L’industria europea si è risolta a corteggiare un mercato di elite, lasciando ai mezzi asiatici la via libera per il mercato popolare delle due e delle quattro ruote. Una scelta forse miope, perché così come arrivano oggi mezzi popolari, arriveranno domani quelli plus -- e a noi non resterà di meglio da fare che produrre ciabattine. 

Se il successo dell’invasione non è scontato per i marchi asiatici, la strategia orientale pare essere quella di usare come cavallo di troia marche prestigiose, classicamente europee. 



Per prima si è affacciata in Italia la produzione di Benelli (azienda di Pesaro), con un gran successo del modello gran turismo che richiama le linee della GS, vale a dire la TRK 501, che è risultata addirittura la moto più venduta in Italia lo scorso anno. 

Poi è stata la volta di Morini, storico marchio bolognese di recente trasferito a Pavia. Se la bellissima stradale Morini Milano, che echeggia nella linea la 3 ½ di una volta, non è stata distribuita come avrebbe meritato, diverso il destino delle moto marchiate Morini ma prodotte in Cina, prima fra tutte la X-Cape, enduro stradale dalla linea desiderabile, subito premiata dal mercato, che al prezzo abbordabile di 7.500 € offre una moto divertente senza complessi di inferiorità nei confronti di nessuno. 

E ancora non è finita, se un marchio prestigioso e un po’ arrogante come KTM affianca alla Adventure 890 una altrettanto bella 790 che, prodotta in Cina, può arrivare al concessionario ad un prezzo sotto gli 11.000 € (la 890 made in Austria viaggia sui 15.000). 


Delle moto europee, che si può dire? 



BMW continua a viaggiare a gonfie vele sul successo della GS, nonostante abbia raggiunto prezzi stratosferici, mentre il resto del pur notevole catalogo non incontra troppo, almeno al di fuori dei confini della Germania. La GS continua ad essere desiderabile, nonostante una crescente elefantiasi nelle dimensioni e costi. 

Il perché, io non lo so. A me piace ancora la linea leggera della R80 G/S, una moto di assoluto fascino, mentre le BMW Motorrad recenti mi sembrano soffrire della crisi di design che ha colpito anche le auto dell’elica. Piacciono perché oggetti di lusso, ma che siano ancora belle, avrei da ridire. 

Ad uso dei boomer nostagici come il sottoscritto, BMW aveva messo in catalogo la serie NineT, riuscita fino a lì, perché troppo castrata nelle dimensioni: una monoposto da bar. È stata un’occasione perduta anche il modello NineT G/S, che al confronto con la G/S originale pare un giocattolo. 

È di questi giorni l’arrivo di una nuova NineT, la R12, che sembra voler abbandonare lo stile minimale e classico del boxer raffreddato ad aria, per inseguire le cromature kitsch della serie R18

A scanso di equivoci, la mia moto attuale è una BMW R1200 R liquid cooled, purtroppo non quella nera con i filetti bianchi, ma comunque con lo sportivo telaio azzurro. Moto quasi perfetta, ma non più bella nel design di una vecchia R1150 R. 


Triumph. Sta andando molto forte, con la linea turistica della Tiger tricilindrica, specie nella cilindrata piccola, la 900 cc. Ma non rinuncia ad insidiare il mercato della BMW con la Tiger 1200, mentre intelligentemente corteggia il pubblico giovane con le belle Trident 660 e la piccola sport tourer confusamente essa pure battezzata Tiger Sport

Prosegue la linea classica delle Bonneville, le più belle del segmento, specie sotto forma della abbordabile e agile Speed Twin 900 e delle sempre verdi T100 e T120 (anche se il costo della sorella maggiore è parecchio lievitato). 

S’io fossi Triumph, cercherei di svecchiare un po’ la linea della Bonnie, con un modello che sostituisca il pacioso serbatoio panciuto con quello spigoloso, di ispirazione sportiva, della sotto-utilizzata Thruxton. Potrebbe proporla con il nome storico di Thunderbird, al posto della Speed Twin 1200 di scarso successo. 


Moto Guzzi procede a passo lento, ma deciso. Ha mietuto successi con i modelli di prezzo più abbordabile, quelli equipaggiati con il motore V raffreddato ad aria di 850 cc, mentre la nuova piattaforma V100 è ancora da giocare. La V100 Mandello è un’ottima moto, ma ai miei occhi appare più fotogenica che bella. Dipendesse da me, ribattezzerei la Mandello come Le Mans, GT di design sportivo, per ridisegnare la turistica Mandello con linee più rotonde e appetitose. 

Naturalmente sono in arrivo sulla medesima piattadforma anche la Stelvio, che rischia di dividersi il mercato della V 850 TT, e una naked forse battezzata Griso, che potrebbe essere il modello di successo se il prezzo resterà alla portata dei comuni mortali. 

Ma il tempo stringe: è ora di mettere questi modelli sul mercato. 


Moto di gran successo sono le enduro midi-maxi con la ruota anteriore da 21” pollici. Ai motociclisti degli anni settanta portano alla mente le Kappa, SWM, Puch e Zundapp da 125 cc da regolarità, a quelli degli anni ottanta e novanta le moto variopinte da Dakar. Per cui si trovano a vendere molto più della loro effettiva necessità. 


Le moto da gran turismo, le globetrotter, giramondo, sono soprattutto la solita Giessona (la BMW R1250 GS, di cui è attessisssimo un modello ancora più grosso e potente), le Ducati Multistrada (ed è significativo delle esigenze del mercato che più della furba V2 venda la costosissima e potentissima V4: molti maschi hanno evidentemente necessità di sentire qualche cosa di potente fra le gambe), le Honda Africa Twin e Transalp, la furbetta Suzuki V-Strom 800, la Moto Guzzi V85 TT. 


Le giapponesi, oltre alle enduro stradali, ripropongono la carta delle naked stradali per tutti, con le rinnovate Honda Hornet e Suzuki GSX-8S, per arginare il successo della Yamaha Tracer, un segmento in cui crede anche la Triumph Trident 660. Sarà interessante scoprire se esiste ancora uno spazio al di fuori dell’enduro. 


Per quanto mi riguarda personalmente, invecchiando inizio a desiderare una moto di cilindrata più easy, agile e leggera, che non mi accompagni solo nei viaggi, ma nel movimento quotidiano, anche urbano, al posto della quattro ruote. Mi attira la verde Kawasaki Z660 RS, che mi ricorda i miei vent’anni, così come la Scrambler Ducati, anche se la nuova serie è chiaramente ricalibrata sul gusto dei giovani, e di classica è rimasta solo la troppo potente e costosa 1100 Giugiaro, color giallo Ducati. 

Credo che alla fine mi accompagnerà nel mio buen ritiro al mare, prossimamente, una definitiva Boneville T100, purché della colorazione giusta.  


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