Il primo mare dell'anno


Anche se in realtà non fermo mai la moto neanche d'inverno, ad ogni anno c'è un giro primaverile più lungo degli altri che inaugura ufficialmente il nuovo anno motociclistico. Per tradizione è una gita che attraverso la Val Trebbia porta al Mar Ligure, ed anche quest'anno avrebbe dovuto essere così. In effetti è una tradizione legata anche al fatto che io in Val Trebbia ci vivo, di fronte alle torri del Castello di Rivalta.
Ma questa mattina, partito in colpevole ritardo dopo le 11, mentre sulla riva destra del Trebbia (e dunque non lungo la SS45) mi porto verso Travo e poi Perino, ragionavo sul fatto di aver voglia di mare senza dover affrontare il traffico metropolitano di Genova (il capolinea della Statale della Val Trebbia). Indeciso se prendere a destra o a sinistra, dopo Bobbio, giunto a Marsaglia decido per la quasi altrettanto classica Val d'Aveto, in direzione Chiavari.
Sole poco, nuvole molte ed anche un aria frizzante, almeno fino a quando l'Appennino da emiliano si fa ligure. È noto che, anche d'inverno, giunti a paesi come Borzonasca e Borgonovo Ligure (o Torriglia, sulla Val Trebbia) il sole fa breccia sulla nebbia, l'aria diventa profumata e la temperatura sale anche di 10° rispetto alla tappa di partenza in Val Padana.
Arrivo al mare a Chiavari che è passata l'ora di pranzo. Imbocco l'Aurelia verso ponente, inutilmente in cerca di una focacceria attraverso Zoagli, Rapallo, San Michele di Pagana, Santa Margherita Ligure dove, colmo dei colmi, il lungomare è chiuso al traffico. Sacrifico l'appetito e tiro dritto in direzione Portofino fino a Paraggi. È solo un sabato di Aprile ma c'è già un gran caos di persone in cerca del primo mare: pedoni, due ruote, automobili, corriere, vigili urbani...


La spiaggia di Paraggi fra un paio di settimane diventerà a pagamento - ed è una delle più costose d'Europa. Oggi ancora si può riuscire a trovare un angolo non proprio ortodosso per piazzare la moto, per sdraiarsi a prendere il sole gratis. Io in giacca di pelle, le persone attorno a me in costume. Non sono pochi i coraggiosi che affrontano le acque di un mare ancora freschino.
Lascio che il sole riscaldi le mie ossa infreddolite dall'Appennino (all'ombra ho incontrato ancora neve), ma quando sono cotto a puntino riprende a pungolarmi lo stomaco. Torno alla moto, salgo in quota sulla corniche di Santa Margherita, corro di fianco a San Rocco e Camogli (il paesino di mare più bello di tutti) e arrivo a Recco, la capitale mondiale della focaccia al formaggio, dove - a differenza di quando ero ragazzo - la focacceria non chiude mai.
A stomaco pieno comincio a organizzare il viaggio di ritorno. L'idea originale era di prendere una strada diversa da quella dell'andata; avevo pensato alla Val Trebbia oppure, molto più a sud, alla Cisa, o meglio al contiguo passo del Brattello. Ma per qualche ragione mi ritrovo dalle parti di Lavagna quando sono già le quattro del pomeriggio. L'aria è calda e piacevole, ma so bene quanto sarà diversa sulle curve all'ombra dell'Appennino. Così imbocco a malincuore la Val d'Aveto, ma pronto ad accettare il buon consiglio di un cartello stradale apparso appena dopo la porta di Borgonovo Ligure. Un cartello marrone che recita: "Passo del Bocco".


È un ottimo consiglio: una strada quasi deserta, tutta curve che sale ripida verso paesini di case colorate e chiesette con campanili aguzzi. Giunti al passo si entra in provincia di Parma, per scendere lungo una strada con ancora più curve in un bosco fitto, dove fanno capolino (e attraversano) daini e lepri.
A Bedonia prendo per Bardi ed il passo Montevacca; potrei raggiungere l'alta Val Nure al passo del Tomarlo (con curve in salita memorabili), ma il tempo stringe e l'aria si è fatta fredda.
Proseguo dunque per Bardi, ma prima del paese trovo sulla sinistra una laconica indicazione "Piacenza", che mi conduce lungo una strada davvero selvaggia, rotta, rattoppata, bucata, sassosa... in altre parole il Paradiso delle Scrambler. È una strada singolare perché non attraversa neanche un paese, una frazione, un gruppo abitato; un po' per questo, un po' per la mancanza di ulteriori indicazioni stradali, genera una straniante impressione di essere "altrove". Non si sa dove.
Ed in effetti non lo saprò fino a quando, molti molti chilometri dopo, mi infilo sulla provinciale della alta Val Nure fra Ferriere e Farini, proprio all'altezza di quella Casa Cantoniera che anni fa era il rinomato ristorante di Alberto Cognì, pioniere della novelle cousine in eremitaggio sull'Appennino.
Da Farini a Bettola è un attimo avvicinarsi alla pianura, ma nonostante l'ora tarda mi concedo ancora una dose extra di viaggio con il Passo del Cerro, che con i suoi 20 km di curve congiunge Bettola a Perino: la Val Nure alla Val Trebbia. E ormai sono a casa: Perino, Travo, Croara, Rivalta. Jack, il cane, cominciava a disperare di ricevere la cena.

Commenti

Anonimo ha detto…
Strade memorabili. Ricordo giusto che anni fa ci siamo visti a Bardi... Stefano E. P.