Bonneville T100 e Street Scrambler: la prova su strada


Ovviamente questa non può essere una prova obiettiva. Amo troppo la Bonneville, che per me incarna non solo l’idea stessa di motocicletta, ma evoca anche tutta la cultura della musica rock in cui sono stato immerso in tutta la vita. Ho avute due Bonnie nella mia vita di motociclista, una con i carburatori (per un anno), ed un modello recente (per un solo mese). Mi sono innamorato di entrambe; nessuna delle due era di mia proprietà, viceversa non le avrei mai restituite. Dopo la Bonneville mi è piaciuto sperimentare le gioie del boxer tedesco, ma il primo amore non si scorda mai.
Triumph ha fatto un gran lavoro con la “Bonneville Renaissance”, il rinascimento di quella moto che trent’anni fa ha rappresentato l’occasione del ritorno al mercato dell’azienda britannica. Tanto che in questo momento Triumph ha in listino addirittura nove modelli della classicissima motocicletta, su due motorizzazioni (tre se si considera la Scrambler raffreddata ad aria ancora in vendita). Due le ho già guidate, e l’ho raccontato su queste pagine.

L’esuberante Street Twin ha una personalità da Ducati GT. Con le sue dimensioni compatte, il peso ridotto ed il vivacissimo motore da 900 cc è una moto estremamente agile e divertente. Forse la più divertente del lotto, l’equivalente su due ruote di una coupé d’annata sul tipo di una mitica Alfa Romeo Duetto. Non la più comoda delle moto, ma decisamente dilettevole.

La Thruxton 1200 cc, che è l’incarnazione stessa dello spirito della Café Racer, è una specie di go-kart scomodo ed adrenalinico.

Dopo aver provati oggi altri due modelli, mi rendo conto di quanto Triumph sia riuscita a compiere un lavoro incredibile lavorando sugli stessi motori e le stesse ciclistiche. Perché ogni modello non presenta semplicemente qualche, sia pur significativa, differenza estetica, ma esibisce una personalità e uno scopo completamente distinti. Non è come quei cinquantini di una volta che venivano declinati nella versione cross e strada solo modificando le dimensioni della corona e abbassando il parafango della ruota anteriore. Queste sono moto diverse (persino troppo).


La Bonneville T100 è la più bella di tutta la famiglia. Ha quell’aria da modella superclassica inglese, ed è irresistibile sia nella versione bicolore (la mia preferita è quella bianca ed azzurra) che in quella completamente nero opaca, dal serbatoio, al motore fino agli scarichi. Il motore è lo stesso 900 cc della Street Twin, ma declinato in modo diverso. Tanto è esuberante sulla piccola sportiva, così è tranquillo sulla Bonnie. La T100 è la solita vecchia Bonneville che conosciamo. Tranquilla, importante, persino un po’ arrogante. La prima cosa che si scopre è che è diventata comoda. La posizione di guida è rilassata, le braccia sono dove è naturale che siano, la piega della schiena è normale e le gambe sono piegate il giusto per non affaticarsi neanche sulle lunghe percorrenze. Non c’è nessuna protezione dall’aria, ma sulla T100 non si viaggia veloce. È una moto che a 100 all’ora ti da l’impressione di andare a 120, tanto che vengono utili gli specchietti retrovisori perché non di rado capita di essere sorpassati. La T100 è una moto con un ritmo da cruising, quello delle “vasche” lungo la main street. In questo mi ricorda la Moto Guzzi V9 Bobber e la Harley Davidson Sportster. Il motore tira giusto il minimo sindacale, ma con un sound grandioso, mentre una ciclistica agile ma non agilissima non ti spinge ad aggredire le curve.
È una moto elegante ed un po’ snob. Chi immaginava la T100 come una versione di lusso della Street Twin, dovrà ricredersi. Aggiungerei “purtroppo”, perché io una Bonnie con la spinta della Street la avrei accettata volentieri.


Ancora decisamente diversa è la Street Scrambler. L’aggettivo “scrambler” le calza a pennello. La posizione di guida è comoda, avanzata e con il busto eretto, probabilmente per via del manubrio largo, e fornisce un notevole controllo sulla moto. La marmitta alta e sinuosa scalda un po' la gamba destra, ma solo quando si è fermi al semaforo. Il motore ha un carattere decisamente pronto: gioca tutto sui bassi regimi, dove l’erogazione è morbida ma immediata. È una sensazione molto gradevole, che immagino si trasformi in esaltante sulle strade bianche (che io purtroppo non ho potuto sperimentare; la mia prova si è svolta nella Pianura Padana più piatta che si possa immaginare, fra rotonde e stradette laterali). Alzando i giri del motore non si incrementa il tiro più di tanto, anche se l’accelerazione non viene a mancare in sorpasso, accompagnata dall’esantante tum tum vagamente irregolare del bicilindrico. Non è una moto nata per andare veloce, ma per guardarsi attorno e immergersi nella natura. L’aggettivo appropriato per la Street Scrambler è “divertente”.


Le personalità dei modelli con il motore da 900 cc le definirei così: tranquilla la T100, pronta la Scrambler, vivace la Street Twin. Potrei azzardare eccessiva per la Street Cup, ma in realtà io ho assaggiato solo la Thruxton da 1200 cc - non sulla North Circular ma sulla quasi equivalente tangenziale della città.
A parte il modello hipster (la Bobber), a questo punto ho avuto il privilegio di provare tutte le Bonneville (mi manca solo la T120, con il motore da 1200 cc e quel maniglione in fondo alla sella che le conferisce un aspetto un po’ vintage) e devo dire che ad ogni diverso pilota corrisponde la sua diversa Bonnie: il manico, lo sportivo, l’avventuroso, il rocker.

Una gran bella famiglia.


P.S.: qual è la mia Bonneville? Ve lo racconterò presto su queste pagine.

Commenti

Zambo ha detto…
sei il migliore a recensire le moto, lo spirito rock lo si evince da come parli dei carburatori, il piacere delle ballate quando parli della comodità della sella, la solidità delle registrazioni quando analizzi il telaio. The Best, a quando un libro su rock e moto?
Blue Bottazzi ha detto…
lo scriviamo assieme, Zambo