Avevo scritto un post intitolato Classic Bike nel dicembre 2008. Non sembra, ma sono passati quasi sette anni: tempus fugit. In qualche modo sono stato un precursore, perché da allora l’offerta delle moto classiche è decisamente cresciuta. Innanzi tutto bisogna dare una definizione all'aggettivo classic: una moto stradale con un aspetto motociclistico classico. Per fortuna i modelli non vengono prodotti assecondando rigidi standard, così che c’è sempre un margine di flessibilità nel definire una moto. La classic è in qualche punto della linea retta tesa fra la vintage e la naked, cioè fra la moto di una volta e la moto stradale nuda non carenata. Così la definivo nel vecchio post: “una moto naked, di fascino, con un motore che sappia ancora cantare; una moto sobria e corposa che sfrutti anche ciclisticamente la tecnica motociclistica del duemila pur mantenendo la filosofia delle due ruote stradali. Un oggetto del desiderio che attiri gli sguardi al semaforo”.
Aspetto, bellezza, suono.
Torno all’argomento, ispirato da un corposo special comparativo che la rivista Motociclismo ha pubblicato sul numero di Aprile 2015 su otto modelli di classic bike, per proporre il mio parere di “classic biker” in giacca di pelle.
Fra le otto moto provate dalla rivista spicca per assenza l’Honda CB 1100 Four; nulla di nuovo, considerando quanto poco Honda Italia abbia deciso di spingere le vendite di quel modello classico sulle nostre strade. Praticamente niente. Al suo posto Motociclismo propone il recente restyling della grossa Yamaha 1300 visto all’EICMA dello scorso anno; un modello decisamente di nicchia, ma meno costoso della più piccola Honda.
Caliamo sul tavolo le carte.
Triumph Bonneville T100. (da € 8.690 a 10.290). Il più classico dei classici, una moto romantica dall’aspetto vintage, ma dalla tecnica aggiornata (fino ai freni a disco, ma non all’ABS). Una moto che non ha mai smesso di essere prodotta, divenuta il simbolo dei rocker, e su cui infatti ogni musicista rock che si rispetti ha voluto essere ritratto. Come classico per eccellenza la Bonnie non si confronta realmente con le altre, perché ha un suo pubblico preciso, che la ama così com’è. Una moto duttile, adatta tanto al trasporto quotidiano in città che al turismo a medio raggio, ma con cui nessuno ti impedisce di fare il giro del mondo, specie se non ti sei stato viziato dalle enduro stradali moderne. La Bonnie è facile, divertente, agile, nata per la guida morbida e rotonda e assolutamente refrattaria a quella brusca e sportiva; la velocità di crociera è di 110 km/h, oltre la quale condurla diventa poco piacevole; porta comodamente il passeggero, ma nei viaggi lunghi, ogni cento chilometri le gambe vi imploreranno di essere sgranchite, perché rattrappite dalla posizione troppo ripiegata sotto la sella bassa. Forse è la mia moto preferita, specie nelle colorazioni giuste (nera, grigia, bicolore rossa e bicolore verde, e nel modello celebrativo di quest’anno, la T214), ma guarda caso dopo averne guidate due oggi non ne posseggo più neanche una. Sono solito pensare che una Bonnie, magari scrambler, sarà la mia ultima moto, la famosa “definitiva”, elusiva come l’araba fenice.
La sua variante scomoda è la Kawasaki W800 ma, mi domando: chi vuole la copia se può avere l’originale?
Moto Guzzi V7 II. (da € 8.670 a 10.420). Gioie e dolori. Croce e delizia. Piccola di dimensioni, ha preceduto nelle forme tanto la BMW NineT che la Ducati Scrambler. Guidarla è una sorpresa: un motore generoso e rotondo, agile e vivace, divertente, a metà strada fra la paciosa Bonnie e la nervosa Scrambler (Ducati). Piace a vedersi, richiama il fascino sempreverde del bicilindrico a V, porta un passeggero, costa poco. Non le mancherebbe dunque nulla, ed anche i giudizi di Motociclismo sono stati generosi. Dunque, cosa non va?
Non va che Moto Guzzi ha ben altro potenziale. Non va che ci vorrebbe davvero nulla per mettere sul mercato una V8 o una V9 che non si accontenti di essere carina ma che potrebbe mangiarsi tutta la concorrenza. Un concessionario parigino ha prodotto una special mettendo il serbatoio e la sella della V7 sul telaio moderno di una Bellagio, e già è tutta un’altra musica. Ma ancora meglio sarebbe già in magazzino: il telaio perfetto della Breva 850, il suo motore divertente ed elastico a due valvole, e la linea vintage della V7. Che ci vuole? Le dimensioni perfette, la potenza perfetta: la perfetta moto classica. E la piccola V7 resterebbe a disposizione come modello junior. Ma da che Moto Guzzi è diventata Piaggio, l’aquila si è fatta canarino.
la V9 parigina...
Scrambler Ducati. (da € 8.240 a 9.640). La più giovane, la più attuale. Bella, potente, vivace, a buon mercato, imbattibile. Ma nonostante sia il remake di uno dei modelli più amati dagli attuali sessantenni, è senza appello una moto per giovani: venti e trentenni. Sopra quell’età è “troppo”. Troppo vivace, troppo ruvida, troppo piccola, troppo scomoda per il passeggero. Troppo bella, troppo trendy. Fra l’altro con il suo prezzo non solo è la Ducati più abbordabile, ma è anche una concorrente spietata per la BMW NineT, che a quasi il doppio del prezzo offre quasi le stesse cose. La comprerei, ma probabilmente non la comprerò.
BMW NineT. ( € 15.750). Piccola, cattiva, divertente. Più veloce delle moto veloci, più agile delle piccoline, più bella delle belle. E senza dubbio quella con la voce più accattivante. È l’ultima delle BMW con un’anima europea, dal momento che ogni altro modello ormai si ispira alle jap, ed assomiglia sempre di più ad una Yamaha.
È anche scomoda, quando dopo cento chilometri il canto diventa baccano e le articolazioni cominciano a far male, ed il bagaglio è tutto in uno zaino sulla schiena del pilota.
Ma la domanda cruciale è: cosa offre in più della Scrambler Ducati, a quasi il doppio del suo prezzo? Niente. Il mio giudizio, personale, è che al lordo del prezzo la NineT sarebbe la vincitrice della comparativa, ma in considerazione del suo costo è un giocattolo per ricchi. Ed il rocker da classic bike non è un uomo ricco: è un uomo libero.
Harley Davidson. (la Street da € 7.800; la Sportster da € 9.500). Quella messa in gara da Motociclismo è una 883 Sporster Iron. Il modello sbagliato, a parer mio, perché le Harley, più di ogni altra marca, sono modelli senza paragoni e senza comparative. L’Harleista non comprerebbe altra marca a prescindere da prestazioni, caratteristiche e concorrenti, e la 883 appartiene a questa casta. Io avrei messo in gara piuttosto l’outsider, la piccola Street 750, il modello che Harley propone ai giovani ed ai non harleisti. La Sportster l’ho guidata nelle sue varie declinazioni, ed è una moto divertente ma tecnicamente inferiore alle moto “moderne”. Avrei invece provato volentieri la 750, ma siccome non l’ho ancora fatto, per questa comparativa un parere non ce l’ho. Se non che vale la pena di considerarla.
Yamaha XV950R. (da € 8.490). Come vale la pena di provare anche la bobber giapponese, magari assieme alla Honda VT750S. Che però io non ho ancora guidato, per cui me ne sto zitto.
Honda CB 1100 Four. (da € 11.250 a 12.500). Un caso di “troppo tardi, troppo poco”? In realtà si tratta di uno dei modelli più venduto su certi mercati, mentre su quello italiano è stato deciso che non debba avere successo. Honda Italia non la mette neanche a disposizione per le prove dei potenziali clienti. I quattro cilindri hanno un gran bel suono, ma delle prestazioni su strada non so dire, perché non ho potuto provarla.
Bella è bella, ma non bellissima come la 750 Four; perché non sia stata fatta uguale è un po’ un mistero; tanto che un preparatore giapponese ne ha messo a disposizione un kit di trasformazione a circa 5000 euro. Un po’ troppo, aggiunti ai 12.000 del modello base. Le prove della stampa specializzata ne hanno detto un gran bene. Nel 1970 la Four era la migliore di tutte le moto. Oggi probabilmente potrebbe essere la migliore delle classic, ma non si può sapere: è un segreto.
Le altre. È una classic bike la Moto Morini 11 ½, prezzo attorno agli 11.500 euro, nera con la sella beige, un po’ fighetta (e sua sorella la scrambler, a 13.400 euro un po’ cara). Il mio parere è che il problema delle sorelle Morini sia la cilindrata: figurerebbero meglio sul mercato con 750cc ad un prezzo concorrenziale con Guzzi e Ducati. D’altra parte la Morini è sempre stata 7 ½.
È decisamente classic la BMW R1200 R Classic, che non è stata messa in gara da Motociclismo naturalmente per l’ovvio motivo che non è più in listino. Il modello è stato sostituita in BMW dalla nuova R1200 R (roadster), che però è diventata più una moderna naked a imitazione giapponese, tipo la Yamaha Fazer (ad un prezzo però ben più elevato). E dalla NineT, che però è decisamente più fun bike, cioè giocattolosa. Per questo, non essere più disponibile mi sembra aver aggiunto un elemento di fascino in più alla R Classic, l’ultima delle grandi classiche comode e sensate. Grande ciclistica, ideale per i viaggi, un solo difetto: il motore, il boxer, dalla personalità troppo automobilistica, che per quanto potente, spegne ogni velleità in basso, ai 2000 giri, la velocità a cui si dovrebbe frullare tranquilli nei tornanti. È una disdetta doppia se si considera che il motore è identico a quello pronto e scattante della NineT, assopito evidentemente dall’elettronica e da un rapporto di trasmissione troppo lungo (e non modificabile a causa del cardano).
Si potrebbero aggiungere due nuovi modelli molto interessanti. Se negli anni la filosofia dei produttori è andata verso il “the bigger the better”, con modelli sempre più grandi, potenti e costosi, sulla spinta della filosofia jap, uno dei pochi vantaggi della crisi è stato di ridimensionare la motocicletta, riportandola al suo significato originale, o almeno ad uno dei suoi significati. Così sono riapparse le piccole cilindrate, sotto forma di 400 e 500cc. Due modelli mi sembrano interessanti: la monocilindrica Yamaha SR, decisamente vintage, a meno di 6000 euro, e la affascinante MASH (a 4.490), che a dispetto del nome Five Hundred è una monocilindrica 400cc in due scarichi. È già distribuita in Italia da Fantic Motor, e cercherò di provarla per il blog.
Le conclusioni? Che, come sempre parlando di moto, non c’è un vincitore. La moto perfetta è l’araba fenice. La moto perfetta è come la moglie perfetta: la vorremmo, ma non esiste. Non si tratta che di trovare la più vicina alle nostre esigenze, e di farsela andar bene, adattandosi. E magari non cambiandola troppo spesso. Io ho una grande invidia di chi convive con la stessa moto da decenni, e lo stesso vale per la moglie. A me non è ancora capitato.
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