Ovvero come progettare nei dettagli un week-end in moto e finire per subirne un altro del tutto differente (e molto più bello). Molto tipico mio. Quest'anno non avevo fatto ancora nessun tour memorabile su due ruote, tranne forse lo scoprire le sorgenti del Borbera. Mi ero anche preso una settimana per una vacanza su due ruote, tipo Tuscany Tour, ma a causa della pioggia ho finito per rimandare la partenza giorno dopo giorno, fino a che la settimana è terminata.
Lo scorso week-end ero libero: tutto solo, ma libero di inventarmi un giro in moto senza dover raggiungere compromessi con nessuno. In realtà di solito quando giro in solitaria tendo più a improvvisare che a programmare, ed infatti così è andata...
Decido che mi sarebbe piaciuto rivedere la Val di Susa, dove da bambino ed adolescente passavo le vacanze in montagna. Dal momento che detesto i trasferimenti autostradali, mi invento sulla cartina un percorso che da Serravalle Scrivia mi porti ad Acqui Terme, Alba, Bra, Saluzzo, Cavour, Pinerolo, Val Chisone, Sestriere. Le previsioni per Torino ed il Piemonte sono di sole, magari coperto da qualche nuvola ma niente pioggia. Così non metto in valigia (stupidamente - non imparerò mai) neanche la tuta antipioggia.
Alla partenza di buon ora in Val Trebbia il cielo è più che coperto. Dalla prima curva inizia a piovigginare. Dopo un paio di chilometri piove. Mi rifugio in un bar e controllo di nuovo il meteo: qui pioverà tutto il giorno, pioggia a Tortona, pioggia ad Alessandria, niente pioggia ad Asti e confermato il sole a Torino e sulle Alpi. Indosso jeans e una giacca di pelle, il buonsenso suggerisce il rientro, che probabilmente significa rinunciare al giro previsto. Ma siccome il buon senso non è il mio forte, mi butto sotto l'acqua senza neppure decidere. A Stradella sono fradicio ma proseguo: quello che non mi confesso è che sto cercando di raggiungere il punto di non ritorno, quello in cui ci sarà più acqua a tornare a casa che a proseguire. I vestiti bagnati si asciugheranno al sole che mi aspetta per certo qualche chilometro ad ovest, dietro il muro grigio dell'orizzonte.
Ma a Casteggio devo arrendermi: la visiera non si disappanna più, sono fradicio fino alla pelle, procedo troppo lentamente e il bordo strada è tutta una pozzanghera.
Maledicendo la mia stupida cocciutaggine, trovo riparo sotto un telone, scatto una foto ricordo che invio a FaceBook e mi infilo in un bar per il ristoro di un cappuccio caldo. Non ci mancherebbe che una polmonite. Aspetterò che spiova quanto basta per tornare, sognando una doccia calda.
La provvidenza si manifesta sotto forma del messaggio di un amico che, vista la foto in rete, mi offre a Shelter From The Storm. Il giornalista Mario Cantella abita a due chilometri dal mio rifugio; mi scorta in auto fino a casa (bellissima), mi offre lo spazio per mettermi asciutto ed un tea aromatizzato alla cannella, che poche volte mi è sembrato così buono. Assieme al tono dell'umore migliora anche il tempo, ed i raggi del sole bucano le nuvole. È sua moglie ad incitarmi a proseguire.
Riparto, e per recuperare il tempo perduto prendo l'autostrada. Ancora poche gocce d'acqua, che cessano definitivamente al 45° parallelo. Non ho ancora deciso dove riprendere l'itinerario, ma sempre il destino decide per me: accelerando per asciugarmi all'aria riscaldata dal sole, il vento mi strappa la parte trasparente della borsa del serbatoio (marca OJ, perché si sappia), quella in cui avevo messo la cartina e la roadmap, addirittura realizzata con un'infografica. Mi ero sempre domandato come potesse restare attaccata con dei semplici magnetini, e ne ho avuto la risposta.
Ma sì, chi ha voglia di lasciare questo paradiso di autostrada? Arrivo dritto a Torino (una sosta in autogrill, dove un motociclista francese fradicio come un pulcino, arrivato dalla Liguria si sta cambiando d'abito) e prendo anche la tangenziale, uscita per Pinerolo. La pianura del Piemonte non è bella, la segnaletica malfatta e con le segnalazioni chilometriche incoerenti, ma arrivo alla Val Chisone, una valle stretta come una gola, poco trafficata e non lenta che un po' alla volta mi trasporta sulla montagna, che comincio a godere dopo un panino prosciutto e formaggio ed esplode in tutta la sua bellezza a Sestriere.
Ho un bellissimo B&B a San Sicario Vecchio, con vista sullo Chaberton. Passeggio per Cesana e, lungo un tratto di strada stupenda arrivo ad Oulx a salutare i vecchi amici.
Per la domenica ho previsto di curiosare nei dintorni, ma non resisto a fare un salto nella vicinissima Francia per il passo del Monginevro. A Briançon mi prende il ricordo di una notte passata durante il tour della Route des Grandes Alpes: non me ne voglia il Piemonte, ma è la strada più bella al mondo, almeno fra quelle su cui sono passato io. E ricordo una partenza memorabile al mattino presto, per il Col du Galibier, un highlight della mia vita di motociclista. Li per li decido di replicarla, ma siccome sono il peggior navigatore del mondo, mi pare di ricordare che il colle (invece di Galibier) si chiamasse Iseran. Un errore non da poco, il primo è a nord, il secondo a sud di Briançon (e tanto basterebbe a chiunque, ma evidentemente non a me).
Comunque anche l'Iseran sarebbe una meta perfetta, perché oltre ad essere uno splendido passo a 2764 metri, conduce al Colle dell'Agnello, che è il più bello degli accessi al confine italiano, verso la mitica Val di Maira. Riesco a mancare anche quello, distratto dalla bellezza del parco naturale che attraverso, fino a rendermene conto quando incrocio il Col de Vars, uno dei tratti che ancora non avevo fatto della mitica Route. Bello, molto bello. Al passo una ragazza tedesca cavalca una Ducati GT1000 rossa.
Scendo verso sud cercando di ricordare, senza speranza, il resto del tracciato, quando mi si para davanti il Col de la Bonette, che con i suoi 2800 metri abbondanti è la strada più alta d'Europa, un percorso che vale la pena di fare almeno una volta nella vita (nella direzione da nord a sud). Due volte però sono fin troppe: un po' alla volta spariscono gli alberi, poi i cespugli ed infine restano solo le rocce, ed una strada stretta, molto ben asfaltata e senza bordi. Qui è difficile non essere presi da una certa inquietudine. Dopo la vetta il versante sud, che non avevo mai percorso, è piuttosto duro. L'ultima volta seguivo l'endurista piemontese, che con il suo innato senso dell'orientamento mi aveva fatto scendere da uno sterrato, che non solo non saprei davvero dove prendere ma per il quale non ho neanche una moto adatta.
All'ora di pranzo sono sulla via per Nizza e la costa azzurra. Non me la sento di affrontare il Col de Turini, una prova tosta del Rally di Montecarlo, per raggiungere il valico del Col di Tenda, e così accetto riluttante di rientrare dal Col de Lombarde. Sul versante francese è un salitone tutto tornanti per smanettoni (non per me, dunque) mentre su quello italiano è una stradina strettissima che il traffico dei gitanti rende una penitenza. Il rientro da Cuneo significa strade squallide e trafficate.
Ho ancora abbastanza energia per cercare le curve delle langhe, almeno fino ad Acqui, per rientrare infine in autostrada da Arquata Scrivia.
Novecento chilometri, vuol dire che la Val di Susa la vedrò la prossima volta.
Commenti
stefano p..
Riportata in garage la moto, approfitto della settimana di ferie con mia figlia Carolina per una vacanza in Val di Susa. E poi una puntatina in Francia, Monginevro, Briançon, e su a nord lungo la Route Des Grandes Alpes, l'incredibile valle di Serre Chevalier, fino al Col del Galibier, 2646 metri. Beh, nonostante il tragitto su 4 ruote, Carol era estasiata. Poi il Telegraph, Modane e la sfortunata decisione di prendere "l'autostrada" per rientrare in Italia, invece di prendere il Moncenisio: mi ero preparato 2.50 € di moneta, invece mi sono trovato di fronte i 13 km di tunnel del Frejus (42 euro di pedaggio...).