Torno ora da un itinerario splendido, che corre a fianco della Val Trebbia ma decisamente più selvaggio ed in quota, e come tale dedicato di preferenza alle mote con un minimo di predisposizione per l'enduro.
Ci siamo trovati io e l'amico Boebel nell'aria frizzante di una domenica mattina di ottobre in quel di Agazzano. La strada di questo itinerario prende inizio lungo la cresta fra la Val Trebbia e la Val Luretta, che corre da Gazzola al Castello di Rezzanello fino a Monticello e oltre, in vetta con un'immagine spettacolare delle due valli lungo una stradina asfaltata (male) che è poco più di un sentiero, fino ad arrivare ad intercettare un'altra stradina, quella che da Travo e Bobbiano arriva alla Pietra Parcellara.
Ancora prima di arrivare al bivio di quella strada fa bella mostra di sè alla nostra sinistra la valle sovrastata da questa strana enorme e scura pietra infernale (ofiolite oceanico di serpentino nero), la Pietra Parcellara appunto, e più a valle una pietra sorella più piccola, la Pietra Perduca, dove non a caso gli abitanti hanno pensato bene di costruire una minuscola chiesetta, e dove si è formata in modo naturale anche una vasca piena d'acqua e di rarissimi tritoni.
Conviene procedere a bassa velocità, perché l'asfalto è tutto gobbe, buche e sassolini, e le curve strette. Seguendo l'indicazione "Pietra" appunto, si arriva ad incrociare una strada bianca per la Pietra Perduca. Con un certo coraggio e una buona moto da enduro si può prendere questa deviazione, visitare la Perduca e ritornare a ritroso sulla strada asfaltata. Oggi ho preferito non farlo perché il Boebel, rude motociclista di razza piemontese con scarso senso della difficoltà, a questo punto mi aveva già fatto sputare l'anima su varianti sterrate della strada principale che già mi avevamo procurato una stretta allo stomaco quanto basta. Portare una Stelvio da 240 kg su per mulattiere sassose ed erbose ricoperte di foglie secche non è come dirlo e comunque per un pilota come me è un po' troppo.
L'aria alla Pietra Parcellara (836 metri) è quella frizzante della montagna, così come molto montane sono le mandrie di mucche che pascolano. Ed il panorama è quello di due valli diverse alla nostra destra e sinistra. Insomma, facciamo a gara con le Dolomiti.
Proseguendo per una strada tortuosa ma molto aperta nel panorama, si arriva ad un bivio.
A sinistra si prosegue a lungo per una strada simile a questa fino a Mezzano Scotti, a due passi da Bobbio.
Ma a destra è ancora meglio: si va verso Pianello, in Val Tidone, ma appena prima del paese non bisogna farsi sfuggire un cartello giallo che punta a sinistra verso la Rocca d'Olgisio, un imponente forte medioevale su un ripido crinale.
La strada per la Rocca è molto malridotta, come quella che da lì ci porta a Pecorara (attenti a non mancare il bivio), ma la vista è splendida.
Da Pecorara al Monte Penice invece la strada si fa inaspettatamente agile, con curve apertee divertenti che attraversano un bosco dove è molto difficile incrociare altri veicoli, almeno fino a che si arriva alla provinciale 461 "Bobbio Penice" a pochi chilometri dal Passo.
Provinciale che oggi era abbellita da una pericolosissima mandria di una decina di vitelli sulla strada, e qualche moto a far lo slalom.
La tappa al Passo Penice (1149 m.) è obbligatoria, sul piazzale dove sostano tanti motociclisti provenienti da entrambi i versanti (piacentino e pavese) della montagna più alta della provincia (1460 m.), come pure è obbligatorio un caffè al Bar dello Scarpone dove si può anche sostare per il pranzo.
Da qui è lasciata al motociclista la scelta fra la discesa per Bobbio e successiva SS 45 oppure per Varzi e la bella strada per Salice Terme e Rivanazzano che di nuovo si apre a ulteriori molteplici mete (fra cui Serravalle Scrivia oppure Zavattarello).
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p.s. ti aspetto sempre a genova per una colazione....