Partenza bizzarra: invece di ritrovarmi come di consueto nell’aria frizzante di un assolato mattino diretto a qualche rendez-vous con gli amici, eccomi nel freddo di un giorno bigio a prendere il largo verso l’Appennino. Appena fuori città mi rendo conto di averlo effettivamente sottovalutato il freddo. Per esempio, indosso gli agili guantini estivi, ma siccome mia moglie non ha i sottoguantini, indovinate a chi vanno i miei?
Cominciamo a salire per la Val Nure: ecco la bella piazza di Bettola, Farini, e poi su per quella tortuosa stradina dal fondo rattoppato che passando per Groppallo raggiunge la provincia di Parma e la Rocca di Bardi. Sono infreddolito, è mezzogiorno e il cielo scuro non mi rallegra. Anche il grosso bicilindrico della Stelvio sembra cantare in sordina. Prendiamo la strada molto motociclistica che correndo lungo il torrente raggiunge Borgo Val di Taro e qui seguiamo l’indicazione per Bedonia e poi Passo di Centocroci.
La salita è splendida ed il panorama si fa presto francamente montano. Il passo è segnato da una costruzione con il nome "Centocroci" dipinto, in un suggestivo boschetto. Si dice che il nome sia legato a quello di una banda di briganti che funestava i paraggi, ed in effetti il luogo sarebbe adatto ad un agguato. Sarà il cielo grigio, il clima rigido o il calo degli zuccheri (ormai si è fatta l’una ed un quarto) ma al Centocroci mi prende paura di morire di fame. Così invece di puntare coraggiosamente verso Sestri ed alla Cantina di Polpo Mario torno sui miei passi verso un agriturismo di cui ho addocchiato passando una insegna di funghi porcini. L’idea non sarà premiata da un pranzo all’altezza (e dire che è difficile non mangiare bene in Val di Taro), ma in ogni caso a stomaco pieno ci sentiamo rinfrancati quanto basta per doppiare nuovamente il passo. La discesa mi pare interminabile, praticamente una lunga unica curva per un’ora, tanto che cominciano a farmi male le braccia per lo sforzo di sostenermi al manubrio. Probabilmente il verso giusto per prendere il Centrocroci è dalla Liguria all’Emilia (tutti i passi hanno un verso migliore dell’altro). Sul versante ligure il clima è comunque radicalmente diverso, sono quasi dieci gradi in più e fra casette colorate che evocano sempre di più il mare arriviamo infine a Sestri Levante.
La gente è in spiaggia a prendere il sole e a fare il bagno mentre noi li spiamo imbaccucati nelle divise da motociclista. La domanda ci sale spontanea: ma che ci facciamo noi in Padania?
Un poco di relax e troppo presto ripartiamo, perché sono già le cinque del pomeriggio ed il ritorno è tutto da affrontare. Non ho assaggiato neppure un pezzo di focaccia: è l’effetto del cinghiale con la polenta del pranzo…
Si punta verso Lavagna, Chiavari e poi di nuovo sugli Appennini in direzione della Val d’Aveto. Un po’ alla volta il traffico si fa rado e quando alla fine siamo soli sulla strada ci scopriamo immersi in un paesaggio da favola: il sole tramonta su una distesa a perdita d’occhio di boschi dorati, mentre al nostro fianco lungo il torrente pascolano capre, pecore e mucche. Un paesaggio impagabile, che ci fa rallentare per non perderci neppure un dettaglio di questa strada. Siamo ancora sul versante ligure, appena dopo il Passo della Forcella, quando affianchiamo due muli in fuga, che trottano tanto più veloci quanto più cerchiamo di passarli. È una situazione molto pericolosa, ma anche buffa e bucolica. Per chilometri segnaleremo il pericolo agli automobilisti che incrociamo.
Il bellissimo tramonto è giunto al termine quando attraversiamo il paese di Rezzoaglio; il resto della strada, un vero e proprio grand canyon, lo affronteremo in un buio crescente, con passaggi a strapiombo sul fiume e sotto terrazze di roccia. A Salsominore è definitivamente buio, ma ci aspettano ancora Marsaglia, Bobbio e la Val Trebbia fino a Travo, Croara, Rivalta prima di arrivare a casa e spegnere il motore.
350 chilometri, un po’ di freddo, un po’ di caldo, niente pesce né focaccia ma il ricordo indelebile di una splendida valle persa nel tempo.
Commenti
in quanto alla val d'aveto condivido il giudizio e sul centocroci confermo che è infinitamente meglio nel senso opposto: preso da varese ligure è a mio parere uno dei più bei passi liguri (motociclisticamente parlando...).
n.b. la prossima volta, se sei da quelle parti, lascia perdere gli agriturismo e vai al gallo nero a varese ligure, merita la sosta! (varese ligure è pure un borgo piuttosto bello...)